Il buio è sconfitto

A cura di: Riccardo Camusso, Moreno Pellegrin

Foto di Riccardo Camusso e Moreno PellegrinFa freddo e pare che il cervo che stiamo aspettando, non abbia voglia di uscire. Passano alcune ore, ma non accade nulla. Queste attese non sono noiose, anzi. Nella mente prende forma una fotografia esatta del territorio che abbiamo di fronte: un filo d’erba che vibra, o il volo di un pettirosso infreddolito, non sfuggono alla nostra attenzione. Nel contempo, poi, una grande calma ci entra dentro, come non accade in altre occasioni quotidiane. Questo ci piace, sempre.
Abbiamo però un problema fotografico da affrontare. Come in ogni parte del mondo, ai selvatici piacciono le ore crepuscolari. Finché il sole illumina bene il prato e il bosco, è ben difficile scorgere un animale tranquillo, allo scoperto. Ma, quando le ombre corrono veloci, gli ungulati, le volpi, i cinghiali e gli altri selvatici iniziano a muoversi. Ciò mette a dura prova le capacità di esposizione delle fotocamere.
Per questi motivi, da quando il sole è sparito dietro il bosco, controlliamo ogni mezzora i dati dell’esposizione. Per ora, siamo ancora in condizioni ottimali, ma sappiamo bene che presto dovremo adeguarci alle luci del tramonto e del crepuscolo. Accade la stessa cosa prima e dopo l’alba.

Temo che il nostro cervo, questa sera non uscirà. Pazienza, sarà per un’altra volta. Conviene tornare a casa. Consideriamo inoltre che con le vecchie attrezzature analogiche e gli antichi ASA, saremmo sulla via del ritorno da almeno mezzora.
All’improvviso, un grido stridulo e inconfondibile risuona nel bosco. Un cinghiale, non ci sono dubbi! Mentre ingoiamo, o quasi, la piccola pila messa in bocca per raccogliere le nostre cose e abbandonare il posto, proviamo a inquadrare il punto di provenienza del grido. Nel mirino è buio pesto. Attiviamo allora il Live View e “ritorna il giorno”.
Foto di Riccardo Camusso e Moreno Pellegrin

I 1.600 ISO non sono più sufficienti. Dobbiamo spingere a 3.200 e 6.400 ISO. In queste condizioni, praticamente al buio, fino a poco tempo fa era praticamente impossibile ottenere risultati fotografici apprezzabili, oltre la pura documentazione. Mentre pensiamo a queste cose, dal bosco escono due sagome scure e veloci. A occhio nudo, ne individuiamo solamente il profilo.
Una bella coppia di cinghiali che, come d’abitudine, scelgono il crepuscolo per uscire in pastura.

Il tempo d’esposizione è su un valore accettabile, pur se incredibile nel buio: 1/30”. Scattiamo una decina di foto. A casa, sul PC, il risultato ci appare (più che) straordinario. Non solo si vedono bene i due cinghiali, il maschio in particolare, ma si apprezzano gli occhi, l’espressione aggressiva e il pelo. Pur se a buona distanza. Ma, soprattutto, considerando gli ISO e le condizioni di luce, l’assenza di rumore digitale ci appare come un vero e proprio miracolo, così come la possibilità di racchiudere in un file la suggestione e la particolare atmosfera crepuscolare di un attimo così magico.
Questo non è che un episodio da inscrivere nel nuovo corso delle moderne fotocamere digitali: condividendo, infatti, le foto con amici e colleghi, e mostrando i metadati con ora e ISO, ci siamo accorti che il problema del “buio” è molto sentito dai fotografi naturalisti e da tutti coloro che conoscono bene gli animali selvatici. “Come hai fatto?”, “Che programma hai usato?”, “Come hai eliminato il rumore?”... e cose di questo genere. Vale la pena, allora, di dare una risposta precisa a queste domande. Vediamo con quale settaggio, molto pratico e poco tecnico.


Foto di Riccardo Camusso e Moreno Pellegrin IL BUIO
Il buio, quindi, è il nostro problema. Aggravato dalla necessità di utilizzare lunghe focali e/o di lavorare in digiscoping, collegando cioè la reflex a un telescopio da osservazione. Per “buio”, naturalmente, non intendiamo quello della notte fonda, ma quelle condizioni di luce in cui verrebbe richiesto perentoriamente l’uso del flash.
Come sanno bene i fotografi naturalisti, cinghiali, caprioli, cervi, camosci mufloni, lepri e volpi escono dal bosco soltanto all’alba e/o al crepuscolo. I cinghiali e le volpi in modo particolare, ma non solo. I fagiani di monte, per esempio, si esibiscono nelle parate amorose soltanto prima del sorgere del sole. Quando fa alba, finisce tutto. E così via.

Ciò crea problemi alle fotocamere digitali, che hanno bisogno di buona luce. Problemi che aumentano in modo esponenziale quanto più alti sono gli ingrandimenti necessari a una buona “lettura” del soggetto.
 

Se vogliamo quindi ottenere buoni risultati, non resta che tradurre in un file fotografico l’eccezionale valore crepuscolare offerto dalle lunghe focali. In altre parole, il sensore della fotocamera deve leggere ciò che il teleobiettivo o il telescopio vedono, con particolare riferimento alla luminosità della scena, che spesso è superiore a quella che percepiamo a occhio nudo. La scena anche senza sole ha pur sempre una propria luce, radente, che disegna le cose e i soggetti con sufficiente precisione: questa è la “luce” che dobbiamo catturare.

Foto di Riccardo Camusso e Moreno Pellegrin Fintanto che c’è buona luce, come accade con i camosci, gli stambecchi e pochi altri animali, non ci scostiamo dal settaggio “normale” delle diverse fotocamere: diaframma alla media apertura e tempi di esposizione che riescano a fermare il movimento. Gli automatismi (come il “P”) funzionano alla grande, così come l’impostazione automatica degli ISO e degli altri valori. Ci concentriamo soltanto sulla stabilità e sulla messa a fuoco - ben visibile nel monitor o attraverso il mirino - e non sentiamo il bisogno di modificare le impostazioni.

Verso il tramonto però, le cose cambiano: la luce, inizialmente buona e radente, inizia a cedere il passo alle ombre, sempre più lunghe. È il momento magico della giornata, quello tanto atteso da animali e uomini fotocamera alla mano. Gli ISO standard, però, non sono più sufficienti. La visione nel display o nel mirino non è più ottimale, la messa a fuoco non può essere più così precisa, i tempi di esposizione si avvicinano al pericoloso confine del micro-mosso. Il flash però non può intervenire e l’aria che ci separa dal soggetto diventa un muro. Che fare? Vediamo, allora, un buon settaggio pratico.



IL SETTAGGIO DEL BUIO

In passato, sapevamo che, dopo il calar del sole, al teleobiettivo restavano poche decine di minuti per sperare in buone foto. Oggi, con il digitale, abbiamo a disposizione almeno un’ora in più.
Il primo intervento da fare, riguarda gli ISO. Escludiamo la regolazione ISO automatica e impostiamo quella manuale. La luce varia molto durante il tramonto e resta abbastanza stabile dopo la scomparsa del sole: ciò ci costringe a impostare e controllare, circa ogni quarto d’ora, il valore ISO ottimale con uno sguardo rivolto ai tempi di esposizione sotto i quali non vogliamo andare.
Quale che sia il programma di esposizione, compreso il Manuale, teniamo il diaframma alla massima apertura e non ci pensiamo più. L’unica regolazione da fare resta quella degli ISO, a salire; se lavoriamo in manuale, invece, rapportiamo anche i tempi di esposizione ai valori ISO.

Foto di Riccardo Camusso e Moreno Pellegrin Facciamo un esempio pratico, supponendo che l’obiettivo che montiamo abbia il diaframma più luminoso a f/4. Dopo il tramonto, con luce scarsa, regolando la sensibilità del sensore sui 400 ISO, avremo un tempo d’esposizione che si aggira su 1/20”. Questo tempo, se siamo stabili sul treppiede, può essere sufficiente per soggetti fermi o in lento movimento; ma è troppo lungo in altri casi. Iniziamo, allora a salire con i valori ISO.
Se regoliamo a 800 ISO, i tempi salgono a 1/50” circa. Talora può bastare, specialmente per i “vecchi” fotografi che temono la grana, o meglio il rumore.
Quando gli 800 ISO diventano insufficienti, possiamo tranquillamente salire a 1.600, con tempi di esposizione di circa 1/80”, un tempo che consente di esporre anche un soggetto che cammina.
Quando il buio aumenta, è la volta dei 3.200 ISO (con 1/125”) e dei 6.400 ISO (con 1/200”).

È evidente che, nelle stesse condizioni di luce, esiste una grande differenza fra 1/20” e 1/200”. In pratica, sia lavorando in modalità Programma, sia in Manuale, dobbiamo semplicemente porci un limite di guardia per i tempi d’esposizione. Decidiamo per esempio di non scendere sotto 1/50” e regoliamo progressivamente gli ISO di conseguenza.
Lo stesso, identico ragionamento, possiamo farlo in digiscoping, partendo come sempre dal diaframma più luminoso, sia esso dato dall’abbinamento diretto fra il corpo della fotocamera e il corpo del telescopio, sia che derivi dall’obiettivo della fotocamera collegato con l’oculare del telescopio.

Foto di Riccardo Camusso e Moreno PellegrinEsiste una seconda possibilità operativa, che piace ai più pigri e a chi dispone di una fotocamera dotata di programmi SCENE. Personalmente sono piuttosto critico sui programmi notturni automatici, ma devo ammettere che, nelle situazioni estreme, sanno risolvere diversi problemi in automatismo totale. In pratica, ciò che si deve fare è selezionare nel menu SCENE la voce TRAMONTO o ALBA E CREPUSCOLI, o simili. I moderni software delle fotocamere fanno tutto da soli: aumentano gli ISO in funzione della luce, offrono sempre un buon rapporto tempo/diaframma e così via. Al fotografo non resta che centrare il soggetto e scattare. Oggi più di ieri, la cosa funziona bene e lascia ampio spazio all’azione e alla velocità dello scatto.
Esplorata anche quest’ultima spiaggia, non resta che rimettere gli attrezzi nello zaino e tornare a casa, sulla comoda poltrona accanto al fuoco. Esistono limiti oggettivi per la luce: quando la parola passa ai visori notturni, a quelli termici o all’infrarosso, nessuno strumento fotografico tradizionale esistente al mondo può sconfiggere il buio assoluto.

LE OBIEZIONI
Mi pare già di sentire le obiezioni degli amici fotografi. Una diagnosi frettolosa chiama in campo l'evidente rumore digitale prodotto a 3.200 e 6.400 ISO (o anche di più), nonché la difficoltà oggettiva di vedere (e focheggiare) nel mirino e/o nel monitor della fotocamera quel poco che la luce crepuscolare concede. Abbiamo una risposta per entrambe le (giuste) obiezioni.
Una risposta, pratica, che rappresenta l’arma vincente contro il buio. Questa è la vera novità.
Per quanto riguarda il rumore, occorre dire che le immagini generate dalle fotocamere digitali hanno sempre meno grana dell’analogico. Ma non solo: anche a 6.400 ISO, i nuovi sensori di immagine generano un rumore più che accettabile. Colpisce inoltre che risultati eccellenti siano conseguibili anche con reflex di livello semi-professionale. Ricordiamo, infine, che scattando in NEF (il formato “grezzo” di registrazione interpretato da Nikon), non solo si può correggere una fotografia troppo scura, ma si può, in post-produzione, ridurre (con varie gradazioni) il rumore fino a eliminarlo (quasi) del tutto.

Foto di Riccardo Camusso e Moreno Pellegrin Per quanto riguarda invece la visione ottimale dentro il mirino o il monitor, per focheggiare agevolmente quando il gioco si fa duro, occorre distinguere fra fotocamere compatte e reflex. Con le prime non resta che portare il monitor alla massima luminosità. Con le reflex, quando il mirino non basta più e si dispone della modalità di ripresa Live View, basta osservare e focheggiare dentro il monitor, anch’esso regolabile in luminosità.
Provate, una sera o all’alba, anche senza soggetto in scena, a inquadrare un cespuglio o un albero e a osservare prima a occhio nudo, poi sul monitor della reflex. Tutto questo considerando che si può ingrandire (virtualmente) il soggetto sul monitor... (ciò vale anche per le riprese con buona luce, quando si debbano cogliere dettagli importanti). Provate per credere.
La nuova reflex Nikon D5100 concentra in sé tutte queste caratteristiche, consentendo di apprezzare le variazioni di ISO anche sul monitor orientabile quando si ricorre al Live View. Non è cosa da poco, quando la luce scarseggia ed occorre fare le cose per bene e in fretta.

Per dare una risposta pratica, sul campo, a entrambe le obiezioni, metto ancora in gioco la fotografia dei cinghiali di cui sopra: è stata eseguita a 6.400 ISO, con una reflex D5100 di risoluzione pari a 14.1 megapixel, in formato RAW e senza alcuna particolare lavorazione al computer. Un po’ di rumore si nota, certo, ma forse lo stesso trasmette meglio la suggestione e l’atmosfera crepuscolare della scena. Circa la visione Live, a occhio nudo era buio pesto, ma nel monitor (orientabile) era “giorno”, con luce radente e assai scenografica. Il buio, quindi, è stato sconfitto.

 

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