Palermo in...visibile

A cura di: Rino Terravecchia , Fulvio Longo , Marcello D'Aquila, Salvo Cusimano, Mauro Capurso, Davide Calascibetta, Edilio Aterno

Un occhio fotografico sui luoghi noti e meno noti della città di Palermo

In uno dei frequenti e frenetici vagabondare per le strade e i vicoli della nostra terra, alcuni componenti del gruppo “Palermo… incontriamoci” si sono accodati ad una visita guidata sui luoghi recuperati al patrimonio storico della città dopo lunghi ed accurati restauri.

Il luogo dell'appuntamento è la nuova piazzetta dietro il Tribunale. Il Tribunale è, assieme ad altri luoghi ormai storici di Palermo (l'Albero Falcone, via D'Amelio), il simbolo della rinascita civile della popolazione e della sua ribellione contro il giogo mafioso. Da qui comincia il nostro viaggio in alcuni dei meandri più caratteristici di questa straordinaria città.
La piazza è stata ricostruita allineando, lungo degli scaloni di marmo, i nomi dei magistrati e dei loro uomini caduti nella lotta alla mafia. Un doveroso omaggio ad uno degli Eroi:

Edilio Aterno

La ricostruzione moderna della piazza vede anche la statua di una stilizzata Nike, la dea Greca della Vittoria.

Il gruppo comincia lentamente a muoversi lungo il cammino previsto. Gli altri partecipanti ci guardano incuriositi: sembriamo i classici turisti giapponesi che fotografano qualsiasi cosa. I nostri occhi sono in caccia…
Ammiriamo, forse anche un pò sconcertati, le ardite simmetrie modernissime che sono immerse nel bel mezzo del centro storico di Palermo: la città ha conosciuto, durante le sue innumerevoli dominazioni, anche periodi di grandissimo splendore, tanto da renderla sotto il regno di Federico II la città più ricca e culturalmente intraprendente dell'epoca (metà del XIII secolo). Di queste vestigia qui non c'è più niente: continuiamo ad aggirarci in mezzo a strutture moderne, che stonano un pò con ciò che ci circonda:

Marcello D’AquilaMarcello D’Aquila

Proprio alle spalle di questa piazza, a poche decine di metri, si entra nel mercato del Capo, uno dei tre mercati storici di Palermo. Le mercanzie impazzano, ma è il pesce a farla da padrone.

Il mercato si svolge frenetico: è sabato mattina, si fa la spesa per una gita fuori porta, si spera nel bel tempo… bel tempo che per questi pesci, è ormai andato..

Fulvio Longo Edilio Aterno

Ma si pensa anche a come accompagnarli, condirli… li si può cucinare arrosto, è vero, ma le spezie?...

E sarebbe anche il caso di preparare qualche altra cosa, non a tutti piace il pesce. Provvediamo subito, girandoci di spalle:

Mauro Capurso

“La fagiola”, l'italianizzazione di “fasuola”, che in dialetto significa fagioli… Per variare i piatti con cibo “povero” ma buono, compriamo un po' di olive, sia naturali che “consate”, cioè condite, arrangiate secondo un'arte antica e mai dimenticata… condite con cipolle, olio, carote, prezzemolo… ci mettiamo in coda ed ordiniamo le nostre olive. Buonissime da mangiare anche da sole con il pane.

In mezzo ai venditori, ci sono coloro che preparano le merci alla vendita. Un uomo pulisce il pesce, togliendo testa ed interiora con notevole abilità. Anche la signora che gli passa accanto non può non notare la velocità e la destrezza della sua opera… ma i più contenti saranno i gatti del quartiere: oggi mangeranno bene, come sempre, quando il tempo consente alle barche di uscire in mare aperto per pescare.

Vorremmo comprare un po' di carne, ma l'energumeno che incontriamo non è molto d'accordo…
Minaccia il fotografo: “Non tirare!” (in dialetto “tirare una foto” significa “fare una foto”…): ha perso dei clienti, ma ha guadagnato un ritratto.

Rino Terravecchia

Proseguiamo in mezzo alla folla, mentre una madre ed un bimbo della nuova Palermo pensano bene di darsela a gambe: questa confusione di voci, di luci, colori ed odori forse è troppo distante dalla loro cultura.

Mentre una signora palermitana “doc” ci segue con lo sguardo, incuriosita da questi tipi armati di strane scatole nere che portano frequentemente agli occhi… gli ennesimi turisti, pensa, senza immaginare che anche noi siamo palermitani e siamo solo a caccia di immagini.

Salvo Cusimano

La sorpresa più grande è data dalla presenza, dentro il mercato, della Chiesa della Conciliazione, mirabile esempio di barocco siciliano. Questa chiesa è stata restaurata non più di dieci anni fa: le immagini sono assolutamente rubate, infatti era proibito fotografare, ma per una volta trasgrediamo volentieri:

Usciamo dalla chiesa e mentre camminiamo, girandoci di scatto in cerca di nuove immagini come poliziotti americani della “SWAT”, siamo attratti dalla bottega di un sarto da cui sentiamo uscire della bellissima musica; grande è la nostra sorpresa, quando vediamo che la musica è suonata dal vivo da due uomini con un mandolino e una chitarra; uno dei due suonatori è probabilmente il sarto stesso. Ci scateniamo, mentre ascoltiamo con attenzione: sono veramente bravi…
Mentre chi di noi non trova spazio per una foto degli artisti si accontenta delle vetrina esterna della bottega:

Fulvio Longo Mauro Capurso

Non dimentichiamo però la Palermo invisibile, quella che in pochi conoscono, così ricca di storia, ma anche di miti e leggende saggiamente tramandate di bocca in bocca. La più suggestiva è quella dei Beati Paoli, assurti anni fa a nuova fama dopo la pubblicazione di un romanzo storico su questi personaggi da parte di Luigi Natoli (1857-1941).
“I Beati Paoli furono una leggendaria setta segreta di vendicatori-giustizieri, sorta a Palermo, probabilmente con il nome di vendicosi, nel XII secolo, con l'obiettivo di raddrizzare i torti subiti dalla povera gente” (da Wikipedia).
Non si è mai stabilito se i Beati Paoli siano veramente esistiti; molti storici tendono a collocare il movimento in un più ampio scenario che vede la popolazione palermitana, vessata dai signorotti dell'epoca, riunirsi in movimenti spontanei di ribellione. La dimensione “carbonara” di questi incontri ha scatenato la leggenda di questi incappucciati garanti della giustizia sociale. Questa è la grotta dove si vuole che questi uomini si riunissero.
La leggenda è talmente forte e radicata che sono presenti vestigia stilizzate anche nei muri ristrutturati del quartiere.

Salvo Cusimano

Nel nostro viaggio dentro la palermitanità, non potevamo non imbatterci in quello che è l'antesignano del moderno fast-food: il venditore di pane e milza, che, insieme al pane con le panelle, è il cibo “da strada” più caratteristico della città. “La tradizione del pane e milza è antichissima. Questa pietanza, tradizione esclusiva di Palermo consiste in una pagnotta morbida (vastella), sormontata da una spruzzata di sesamo, che viene imbottita da pezzetti di milza e polmone di vitello. La milza e il polmone vengono prima bolliti e poi, una volta tagliati a pezzetti, soffritti brevemente nella sugna. Il panino può essere integrato con caciocavallo grattugiato o ricotta (in questo caso il panino si dice maritatu, ossia sposato cioè accompagnato da qualcos'altro) oppure semplice (schettu ossia celibe cioè solo, senza ulteriori aggiunte). Il panino va servito caldo, in mano all'avventore, in carta da pane” (da Wikipedia).

Proseguiamo: mentre ci rechiamo verso la Catacomba Paleocristiana e i Bastioni del Papireto (fra i pochi esempi rimasti delle mura di Palermo), incontriamo, nei pressi della Cattedrale, altri simboli della nostra città che non possiamo fare a meno di immortalare, facendo notare che anche su un moderno mezzo di trasporto passeggeri/merci, quale la “lapa” (nome con cui in dialetto viene ribattezzata l'Ape della Piaggio), vengano raffigurate le gesta dei Beati Paoli, mentre sui carretti siciliani sono raffigurate immagini e gesta dei paladini, i famosi pupi che ogni turista può acquistare nei negozi di souvenir. Esiste una solida tradizione teatrale che narra le gesta dei Paladini attraverso i Pupi: il più grande interprete di questa forma teatrale è Mimmo Cuticchio con il suo “Teatro dei Pupi Santa Rosalia”.

Salvo CusimanoFulvio Longo

Finalmente arriviamo in vista dei Bastioni del Papireto, o della Balata, o di Porta Guccia, recentemente riaperti alle visite guidate da un gruppo di speleologi. I Bastioni vennero utilizzati, durante il Secondo conflitto mondiale, come rifugio antiaereo pur non avendone le caratteristiche: mancava, infatti, una via di fuga sicura in caso di ostruzione dell'entrata principale. Questo è il Palazzo Guccia, eretto sulle mura dei Bastioni. Si vede chiaramente l'edificio munito di finestre sovrastante l'imponente baluardo rinascimentale.

Salvo Cusimano

Ci inoltriamo nei Bastioni attraverso uno strettissimo passaggio, muniti di caschi e torce da speleologi, camminando in fila indiana.

Arrivati in fondo al passaggio restaurato, gli speleologi ci fanno tornare indietro, verso l'uscita. Riusciamo a girarci grazie allo slargo dovuto all'angolo che in quel punto fanno le mura, e rifacciamo al contrario questo percorso breve ma emozionante.

All'uscita, attraversando Corso Alberto Amedeo, quasi di fronte all'ingresso dei Bastioni troviamo la porta di accesso alla Catacomba Paleocristiana:

Davide Calascibetta

Ci aggiriamo furtivamente e silenziosamente in quel luogo strano, chiuso, isolato, dove non si sentono nemmeno i rumori della città, come se il tempo si fosse fermato a “quel” tempo...

Approfittando della minima fonte di luce per tentare di scattare a mano libera. Qui alla luce di un lucernario.

L'ora di pranzo, ma, soprattutto, l'ora della chiusura del monumento, ci costringono a lasciare quel luogo inconsueto, immaginando non senza perplessità quanti defunti siano passati da lì. La giornata si conclude al bar, dove un aperitivo, accompagnato dal riassunto ironico del tour fotografico e da tante risate, ci da l'occasione per progettare la prossima uscita. Sarà in città o fuori città? Vedremo. L'idea è lanciata…


ATTREZZATURA UTILIZZATA:

Rino Terravecchia: Nikon D700, Nikkor 16-35 VR f4
Fulvio Longo: Nikon D700, Nikkor 14-24 f2,8 e 70-200 VR f2,8
Marcello D'Aquila: Nikon D5000, Nikkor 18-55 f3,5-5,6
Salvo Cusimano: Nikon D90, Nikkor 16-85 VR f3,5-5,6
Mauro Capurso: Nikon D700, Nikkor 24-70 f2,8 e 50 f1,4 AFS
Davide Calascibetta: Nikon D700, Nikkor 17-35 f2,8 e 28-70 f2,8
Edilio Aterno: Nikon D3, Nikkor 24-70 f2,8 e 14-24 f2,8


 

Edilio Aterno
Rino Terravecchia
Marcello D’Aquila
Marcello D’Aquila
Davide Calascibetta
Rino Terravecchia
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