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Retrospettiva, gli ultimi quindici anni
Annie Leibovitz

Annie Leibovitz aggiunge il secondo capitolo alla sua "vita da fotografa": quindici anni, gli ultimi dieci del secolo passato e i primi cinque di quello nuovo, gli anni della maturità (oggi ha 57 anni) e dell'intimità (come scopriremo). In occasione dell'uscita della sua seconda retrospettiva - "A Photographer's Life, 1990-2005" – e della mostra che il Brooklyn Musuem di New York le dedica fino al 21 gennaio 2007, Sguardi ha chiesto ad Alessandro Barteletti, fotografo, grande appassionato delle sue immagini, di raccontare il fenomeno Leibovitz.


Nicole Kidman, 2003 Photograph
© Annie Leibovitz from "A Photographer's Life: 1990-2005"
Courtesy of Vogue

Ha fatto dell'idea, quella giusta, il suo stile. Lei, Annie Leibovitz, è oggi la più ricercata e celebre ritrattista americana in attività. La sua capacità è quella di sorprendere. Sorprendere in maniera semplice, diretta, efficace. Ha fotografato i Blues Brothers con il volto dipinto di blu, l'attrice americana di colore Whoopi Goldberg immersa in una vasca da bagno piena di latte e lo scultore Christo impacchettato come una delle sue creazioni artistiche. John Lennon l'ha ritratto nudo e abbracciato a Yoko Ono in posizione fetale la mattina del giorno in cui è stato ucciso. Oggi Lennon non c'è più ma la totale devozione che aveva nei confronti della moglie rimarrà per sempre impressa in questa immagine. Ha congelato la tensione e la forza dei muscoli di Marion Jones nell'istante della partenza e poi ha assecondato la vena creativa di Keith Haring lasciandogli trasformare il set fotografico in un'opera d'arte alla sua maniera. Per raccontare la realtà delle showgirls dei casino di Las Vegas ha abbinato, a un'immagine provocante con costumi sgargianti e appariscenti, un ritratto del loro aspetto di giorno, un po' dismesso, con i figli in braccio o con un pesante e vistoso paio di occhiali sul naso. Voleva mettere in mostra il contrasto tra il loro lavoro e la loro quotidianità fuori dai locali. C'è poi Boogaloo Ames, che un tempo era un grande musicista jazz, ormai anziano e malato che posa davanti ad un pianoforte vecchio almeno quanto lui. A giudicare dalla luce nei suoi occhi appannati dall'età, sembra che quella mano poggiata sui tasti ingialliti e scheggiati sia sufficiente per ridargli la vitalità con cui un tempo affrontava le tournée insieme a Louis Armstrong. Per B.B. King, invece, ha preferito rubare un'istantanea durante uno dei concerti che teneva in maniera del tutto informale a Indianola, dove era nato, tutti gli anni il giorno del suo compleanno.


My Parents with My Sisters Paula
and Barbara and Paula's Son,
1992 Photograph © Annie Leibovitz
from "A Photographer's Life: 1990-2005"

Susan at the House on Hedges Lane,
1988 Photographs
© Annie Leibovitz from
"A Photographer's Life: 1990-2005"

Anche per raccontare i suoi ultimi quindici anni ha scelto la maniera che non ti aspetti. Quindici anni fatti di affermazioni professionali continue eppure, "A Photographer's Life, 1990-2005", la sua più recente retrospettiva, non parla di questo. Non è la selezione dei suoi lavori migliori.


Annie Leibovitz
"A Photographer's Life"
Random House - © 2006

È piuttosto un viaggio attraverso quindici anni di vita, di vita vissuta fatta di intimità familiare, di viaggi, di grandi gioie e di momenti difficili. Il sapore è quello di un album di famiglia e anche, per certi versi, di un diario personale pieno di riflessioni e confessioni. L'intento era proprio questo.
Dopo la morte di Susan Sontag, sua compagna di vita dalla fine degli anni '80, Annie ha deciso di mettere insieme alcune sue immagini per cercare conforto. Avventurarsi in questa ricerca è stata una rivelazione. Accanto alle migliaia di negativi dei suoi lavori, tutti selezionati e archiviati, sono uscite fuori foto dimenticate, alcune mai viste. Fotogrammi impressionati, sviluppati e poi accantonati. Scatti che ritraevano la sua famiglia. "State vicino a casa" ama ripetere a chi le chiede un consiglio per avvicinarsi al mondo delle fotografia. E così ha fatto lei. Già in "Photographs 1970-1990", la sua precedente retrospettiva, c'erano diverse foto personali e per "1990-2005" sarebbe dovuto essere lo stesso. Davanti a tutto quel materiale per lei così prezioso, però, ha deciso che a fare il suo nuovo libro sarebbero state in maniera quasi esclusiva proprio quelle immagini intime e private.


Annie Leibovitz "American Music" Random House - © 2003

Un libro difficile, duro, sconvolgente almeno inizialmente e che va sfogliato più di una volta per essere capito e apprezzato.
C'è la famiglia di Annie al completo. Scene semplici, vere e proprie istantanee dietro alle quali sembra non esserci l'occhio di una professionista ma piuttosto quello di una persona qualsiasi che ritrae i suoi cari.
Ci sono le sorelle, i nipoti ma soprattutto il padre, scomparso appena sei settimane dopo Susan, e la madre che non perde mai occasione per improvvisare qualche passo di danza, la sua grande passione, anche sulla spiaggia davanti all'oceano. E poi le tre figlie di Annie, Sarah, nata nel 2001, e le due gemelle Susan e Samuelle venute alla luce nel 2005. Una delle rarissime apparizioni della fotografa all'interno del libro è rappresentata proprio da una foto di lei incinta pochi giorni prima che Sarah nascesse. L'aveva scattata Susan.


Annie Leibovitz - Susan Sontag "Women" Random House -
© 1999


"Stardust - Annie Leibovitz
1970-1999" Louisiana - Museum of Modern Art - © 2000

Come una dedica, il libro si apre con una foto della Sontag. Era il 1994 e le due donne si trovavano a Petra, in Giordania. Le due imponenti pareti rocciose che abbracciano Susan in quell'immagine, inizialmente volevano solo dare un senso delle dimensioni del luogo ma ora, dopo la sua morte, acquisiscono un significato tutto diverso. Sembrano premonitrici di quello che sarebbe successo, della malattia che la stringe nella sua morsa senza lasciarle scampo. Un vero e proprio abbraccio della morte. "Le fotografie cambiano significato dopo che qualcuno muore".

L'ordine delle foto, seppur con qualche eccezione, è cronologico. Andando avanti con le pagine le immagini iniziano a diventare sempre più dure. Nel 1998 viene diagnosticata la malattia a Susan e le due donne decidono di documentarne tutte le fasi, dalle prime visite alle terapie che si intensificano sempre di più. Il culmine si raggiunge nel 2004 quando a Susan non restano che poche settimane, pochi giorni, poche ore di vita. C'è tutto, anche il suo feretro, irriconoscibile.

Una scelta all'apparenza cinica ma anche molto difficile. "E' stato molto duro fotografare gli ultimi giorni di Susan - spiega Annie nell'introduzione - ma dovevo completare il lavoro che avevamo cominciato insieme all'inizio del suo male nel 1998. Sul momento ero in trance ma sentivo di doverlo fare". Forse un'ispirazione al lavoro di quello che ha sempre considerato il suo più grande maestro, Richard Avedon, che ha documentato nella stessa maniera la malattia e gli ultimi giorni di vita del padre.

La Sontag è sempre lì, si avverte la sua presenza anche quando non è ritratta. C'è anche la sua storia in questo libro. E Annie la racconta a modo suo, attraverso ritratti, stanze d'albergo sparse per il mondo, dettagli come la collezione di conchiglie o gli appunti presi durante la stesura di un libro. Avevano pensato insieme a un progetto che chiamavano "Il Libro delle cose belle". Doveva essere una raccolta di foto e di appunti senza nessuna logica apparente che li unisse se non il fatto che appartenessero a luoghi e situazioni che le attraevano. Probabilmente, come confessa la stessa Annie, "era soprattutto un pretesto per viaggiare insieme". In "A Photographer Life", c'è anche parte di quel progetto.


Annie Leibovitz "Ritratti
1980-1995" Photology - © 1996

In mezzo alle istantanee di famiglia, si affacciano timidamente e all'improvviso immagini di personaggi celebri, alcune già apparse sulle pagine dei due giornali con cui Annie ha lavorato principalmente in questi anni - Vanity Fair e Vogue - altre inedite. Sono i personaggi che ha fotografato più volte durante la sua carriera, quelli con cui ha instaurato un legame più forte.
"Quando lavori a stretto contatto con la gente, costruisci rapporti che durano nel tempo". È stato proprio il rapporto con questi personaggi a guidarla nella scelta delle immagini e non la qualità delle stesse.
Demi Moore
, ad esempio, ha posato per lei talmente tante volte che la Leibovitz ha addirittura realizzato il servizio fotografico del suo matrimonio con Bruce Willis. La foto più celebre di questa loro costante collaborazione è quella che Vanity Fair mise in copertina quando Demi Moore era incinta. Per l'epoca era una scelta piuttosto rischiosa ma c'era un precedente. Tre anni prima, durante la prima gravidanza dell'attrice, Annie le aveva chiesto di poterla fotografare perché da tempo voleva ritrarre una donna incinta. Ne uscì fuori un'immagine forte e delicata allo stesso tempo, un dettaglio del suo ventre sostenuto dalle mani del marito.


Annie Leibovitz "Olympic Portraits" Bulfinch - © 1996

Con un pizzico di frustrazione, Annie non nasconde quello che ha sempre sentito come un suo limite e dichiara la sua totale ammirazione per Richard Avedon. Lei è una osservatrice. Adora guardare la gente, quello che fa, come e dove vive. È l'ambiente che la aiuta a raccontare i suoi soggetti. Lui, Avedon, era invece "un comunicatore straordinario". Attraverso un affascinante gioco di seduzione, riusciva a tirare fuori dai suoi soggetti gesti di una forza e di una spontaneità unica. Li conquistava e le loro espressioni cambiavano perché entravano in un'altra dimensione, diversa e lontana dal set fotografico. Una dimensione in cui c'erano soltanto loro e il fotografo. Annie, invece, è troppo occupata a guardare e non riesce a parlare. "Non ho mai avuto quel dono" confessa. Forse è per questo che ha cercato quasi sempre di evitare le foto in studio. "Nella migliore delle ipotesi le mie foto in studio sono grafiche. Corro sempre il rischio di cadere nella composizione". Una considerazione che fa riflettere sui due fotografi e sui loro stili. E allora capisci perché Avedon collocava i suoi soggetti davanti ad uno sfondo bianco, li decontestualizzava dai loro ambienti ma ne sottolineava il carattere attraverso un gesto, un'espressione, uno sguardo. I soggetti di Annie, invece, sono espressivi in maniera diversa, forse più naturali. Annie si pone davanti a loro, osserva e non li guida. Costruisce la situazione ma non cerca il gesto, l'espressione, lo sguardo.


Annie Leibovitz
"Immagini 1970-1990"
Leonardo - © 1991

Oltre al ritratto, ad affascinarla è sempre stato il reportage e la possibilità di raccontare una storia seguendola da vicino per un lungo periodo. Ai tempi della collaborazione con il giornale Rolling Stone, negli anni '70, lo faceva spesso fotografando eventi di cronaca, i lanci da Cape Kennedy, le vicissitudini della Casa Bianca. A distanza di anni le immagini che ricorda con più affetto sono quelle del tour dei Rolling Stones nel 1975: "erano particolarmente forti, probabilmente perché ho passato tanto, veramente tanto tempo viaggiando con la band". È un genere di fotografia che ha cercato di recuperare in varie fasi della sua carriera, prima con il lavoro sui danzatori del 1990 con Mikhail Baryshnikov e Mark Morris, e poi con il viaggio a Sarajevo nel 1993 dopo che i serbi avevano assediato la città. Non si definisce però una giornalista. "In quel caso non puoi schierarti da nessuna parte e io non voglio andare avanti nella vita in questo modo. La mia voce di fotografo è molto più forte se posso esprimere il mio punto di
vista
".

Chi è


Annie Leibovitz "Photographs" Introduction by Tom Wolfe Rolling Stone Press - © 1983

Annie Leibovitz è nata il 2 ottobre 1949 a Waterbury nel Connecticut. Per il lavoro del padre, era ufficiale dell'Aeronautica statunitense, durante i suoi primi anni di vita si sposta di continuo. Nel 1970 inizia a collaborare con la rivista Rolling Stones dove diventerà capo redattore fotografico nel 1973. In questi anni fotografa cantanti, musicisti, band, attori, sportivi. Al 1983 risale la sua prima mostra personale e il libro "Photographs". Nello stesso anno inizia a lavorare per Vanity Fair. Nel 1990 esce la sua prima retrospettiva, "Annie Leibovitz: Photographs 1970-1990". Nel 1996 realizza per il Comitato organizzatore dell'Olimpiade di Atlanta il libro "Olympic Portraits" ritraendo gli atleti che avrebbero partecipato ai giochi. Tre anni più tardi pubblica insieme a Susan Sontag il libro "Women". Nel 2003 esce "American Music". In questi giorni l'uscita della sua seconda retrospettiva "A Photographer's Life, 1990-2005".

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