Altrove 2, Haiti

A cura di:

Dopo il terremoto
Marco Baroncini

Waf Jeremie, o Waf come viene chiamato dai suoi abitanti, è uno dei quartieri più poveri di Port-au-Prince, dove circa 150mila persone vivono in condizioni di miseria assoluta in baracche di lamiera e poche casette di mattoni, allagate di frequente dalle alluvioni. È sorto più di dieci anni fa su una discarica tra il mare e un fiumiciattolo di acqua nera. In tutta la baraccopoli non esistono servizi igienici, né fognature, né condutture d'acqua. L'elettricità c'è solo nella zona del porto dove si trovano alcuni piloni dell'alta tensione a cui la gente del posto cerca di attaccarsi. Uno dei primi focolai del colera a Port-au-Prince, nel novembre 2010, è scoppiato proprio a Waf Jeremie, per le scarse condizioni igieniche. Waf è una delle zone interdette dalle Nazioni Unite a causa della sua pericolosità e per la difficoltà di accesso e fino ai giorni del terremoto non si trovavano organizzazioni disposte a seguire progetti di sviluppo nell'area. La totale assenza di forze di polizia consente a gang e trafficanti di armi e droga di incrementare liberamente i propri affari.

© Marco Baroncini
© Marco Baroncini
Il porto di Waf Jeremie, visto da una delle navi navi merci che ogni settimana
vengono dall'isola di Jeremie

Fino a quel tragico 12 gennaio 2010, giorno del terremoto che causò più di 300mila morti nel paese, una delle poche presenze all'interno della baraccopoli di Waf era quella di Suor Marcella, missionaria francescana infermiera, che vive nel quartiere dal 2004 sviluppando e portando avanti progetti concreti in aiuto della popolazione. Grazie alla rete di donazioni, Suor Marcella è riuscita a costruire 122 case di mattoni, una scuola, un refettorio sociale che ogni giorno dà circa 300 pasti ai bimbi della baraccopoli, due batterie di latrine, un punto distribuzione acqua; ha inoltre ricostruito la clinica, distrutta dal terremoto, un centro colera, una serie di botteghe artigiane e una casa di accoglienza per i bambini resi orfani dal terremoto. Suor Marcella è una figura di riferimento all'interno della comunità di Waf. Ha creato uno staff di ragazzi del posto, che lei ha provveduto a istruire nel corso degli anni, che la aiutano nel lavoro in clinica e in giro per il quartiere. Suor Marcella è una figura di riferimento anche per gli esponenti del governo haitiano, che ne riconoscono i grandi meriti e le straordinarie capacità. In tanti, infatti, arrivano a Waf per conoscere i suoi progetti e valutare un eventuale possibile modello da seguire e imitare.

© Marco Baroncini
© Marco Baroncini
Uomo trasporta una carriola con materiale di costruzione tra le baracche di Waf

Nel mese di novembre del 2010, l'esperienza di Suor Marcella si è incrociata con l'attività di documentazione fotografica che Marco Baroncini, dell'agenzia Corbis, stava svolgendo ad Haiti e a Waf. «Sono arrivato ad Haiti», racconta Baroncini, «per documentare la situazione a quasi un anno dal terremoto che aveva distrutto e causato centinaia di migliaia di morti in quella parte di isola. Girando per diverse settimane per la capitale, Port-au-Prince, e per le altre zone maggiormente colpite, mi sono trovato di fronte a situazioni drammatiche, di fatto la ricostruzione sembrava assai lontana. Tutto era esattamente come nei giorni seguenti al sisma. La gente aveva ricominciato a vivere, ma in mezzo alle macerie. Il centro di Port-au-Prince era diventato un mercato a cielo aperto, con le bancarelle tra edifici pericolanti e masse di detriti. Tra le tante storie che ho cercato di raccontare, quella di Suor Marcella aveva una luce diversa ed è riuscita a dare un senso nuovo al mio lavoro ad Haiti. Di lei e del suo lavoro nel quartiere ghetto di Waf Jeremie mi avevano già parlato, la conoscono in molti a Port-au-Prince. Incontrarla di persona e vederla all'opera è stata però la vera sorpresa. Parlando con lei è subito venuta l'idea di realizzare un progetto insieme attraverso il quale far conoscere la dura realtà di Waf Jeremie. Tornando in Italia, la nostra idea ha incontrato poi l'interesse dell'editore Graffiti, sensibile alle tematiche sociali e al reportage. È così che è nato il libro "Waf Jeremie, l'inizio della speranza", una testimonianza fotogiornalistica della realtà in cui vive la gente del posto e in cui opera la suora dal 2004».

© Marco Baroncini

«Non è stato semplice introdurmi in quel contesto», continua Baroncini, «abbandonato dalla Nazioni Unite e dal governo haitiano o per scarso interesse o per la pericolosità del posto in sé. Ciò che mi ha guidato nell'intraprendere il lavoro e portarlo avanti fino in fondo, oltre alla curiosità e all'interesse giornalistico, è stata la certezza che valesse la pena impegnarsi per far scoprire quella realtà così drammaticamente complessa, ma altrettanto ricca di umanità. Se Waf era dato per perso dalle autorità, l'incontro con suor Marcella mi ha fatto capire che invece aveva molto da dare e che non era affatto un luogo "perso". Il lavoro del reporter è per me anche quello di documentare delle cause giuste e di farle conoscere in modo che possano essere condivise. Con suor Marcella abbiamo pensato di non incentrare il libro sulla sua attività – la "marchetta" non interessava né a me né a lei e il progetto ne avrebbe perso di spessore - ma sulla gente di Waf, sul quartiere e le sue tante difficoltà che quotidianamente devono affrontare le persone, vivendo senza luce, acqua, fognature, dove le gang e i trafficanti di armi la fanno da padroni. Nella parte finale del libro, quella delle fotografie a colori, si è voluto però evidenziare quel piccolo miracolo che si è e si sta tuttora realizzando nel quartiere di Waf, ovvero i progetti portati avanti da Suor Marcella grazie alle donazioni di alcune parrocchie, una goccia in un oceano se paragonata agli aiuti internazionali, ma il cui segno è tangibile e riscontrabile attraverso le persone che vivono con suor Marcella nel Vilaj Italyen e che intravedono finalmente una prospettiva di vita diversa». Le foto di Marco Baroncini sono in mostra a Roma, a Palazzo Valentini, fino al 20 gennaio.

© Marco Baroncini
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Il porto di Waf Jeremie

Infine, riportiamo di seguito la testimonianza diretta di Suor Marcella Catozza della Fraternità Francescana Missionaria: «Si chiamava "Cité butey" ed erano gli anni '50 quando i primi disperati raggiungevano la discarica di Port au Prince, nel cuore di Haiti, per cercare di recuperare qualcosa in mezzo alle migliaia di bottiglie di vetro che, davanti ad uno splendido mare Caraibico, venivano ammassate. Quei primi cercatori di speranza spesso lavoravano fino a dopo il tramonto e talvolta si fermavano a dormire lì per poter ricominciare al sorgere del sole e non perdere il diritto alla prima ricerca. Il bivacco della notte nel tempo diventa una baracca di lamiera ed a quei primi disperati ne seguono altri, migliaia di altri, che, giorno dopo giorno, anno dopo anno, lasciano le campagne di Jeremie inseguendo il miraggio che sempre e dovunque la città offre. Nasce Waf Jeremie: 70.000 abitanti dicono i registri comunali, ma ad Haiti calcoli non se ne possono fare, periferia di Cité Soleil, la baraccopoli più vasta della capitale dove il dolore dell'uomo si tocca con mano e dove fin da piccoli si è chiamati a lottare per arrivare a sera».

«Quando l'arcivescovo mi chiese di andarci ne fui contenta», continua Suor Marcella, «avevo visitato Waf alcuni anni prima ed avevo custodito nel cuore la sfida che quel luogo è per ogni cristiano, la sfida che quei volti gridano, la sfida che quel dolore è: esiste una speranza per questa gente? Può la mia speranza essere anche la loro? Cosa c'entra con me la fatica dei poveri del mondo? Mi hanno insegnato che è un fascino a muovere l'uomo ed è proprio vero: il fascino di ciò che vivevo e dell'avventura umana che era iniziata nella mia vita mi facevano guardare alla fatica di questa gente come alla mia stessa fatica che nasce dalla domanda di significato che portiamo nel cuore. Ed allora si comincia a camminare insieme, compagni sconosciuti che diventano fratelli, cercatori di un Destino che ci ha già trovati e che aspetta con pazienza di essere riconosciuto. Piano piano le baracche vengono risucchiate dalle casette colorate del Vilaj Italyen che, dopo il terremoto del 2010 in tanti ci aiutano a costruire.... e via via il poliambulatorio San Francesco, la scuola Regina della Pace, il refettorio Santa Chiara, il punto di distribuzione acqua, la casa di accoglienza, la piazza dei mestieri... La strada è data, la compagnia un'evidenza, la meta certa. Waf Jeremie: l'inizio della speranza, o meglio, il riaccadere della speranza... della mia speranza e di quella dei miei amici di Waf, della mia gente, ma il riaccadere della speranza di ogni uomo che, guardando con libertà a quello che accade oltreoceano in questa sperduta baraccopoli dei Caraibi, riscopre il gusto del vivere, riscopre la bellezza per cui è fatto, incontra il Destino per cui è nato».

© Marco Baroncini
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La scuola. Il professore interroga un'alunna in una scuola di Waf Jeremie

 

Chi è
Marco Baroncini, fotoreporter rappresentato dall'Agenzia Corbis, si occupa principalmente di tematiche sociali. Collabora con varie testate tra cui New York Times, El Pais, Le Monde, Vanity Fair. Realizza progetti, personali e con Ong e Associazioni umanitarie anche in aree di conflitto. In Italia segue i temi relativi all'immigrazione, alle problematiche del Sud e in particolare porta avanti da anni un progetto sulla comunità Rom. Il lavoro sui gypsy "New Porrajmos", ha partecipato al Festival di fotogiornalismo di Perpignan, "Visa pour l'Image 2009", è stato recensito dal New York Times e pubblicato su LENS del New York Times. Ha pubblicato, insieme ad altri autori, i libri fotografici "Rom, figli di un Dio minore" (Graffiti) e "The Land of Palestine" entrambi premiati col Jury Prize all' "Orvieto Foto Festival", come migliori libri fotografici di reportage. Ha pubblicato il libro "Waf Jeremie, l'inizio della Speranza" (Graffiti, 2011) su Haiti. E' in fase di pubblicazione il libro "House with no roof", sui ragazzi di strada in Romania. Ha realizzato numerose mostre personali e collettive in Italia e all'estero. Le sue foto fanno parte dell'archivio fotografico DOCVA del MAXXI (Museo Nazionale delle Arti del 21mo secolo) di Roma.

www.marcobaroncini.com

 

© Marco Baroncini
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Uomini assistono e scommettono ad una battaglia dei galli a Waf Jeremie

 

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