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A cura di:

Genti di Dio, viaggio nell'altra Europa
Monika Bulaj

Teatro Sociale Bergamo Città Alta, fino al 29 settembre 2004.
Fotografie e testi di Monika Bulaj sui microcosmi dimenticati tra Baltico, Mar Nero e Caspio, in bilico fra paganesimo, cristianesimo, ebraismo e fedi d'Oriente.


© by Monika Bulaj - Slovacchia
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Profumo di legno bagnato e incenso, folle impazzite all'assalto dell'acqua benedetta, mormorii e silenzi di monasteri, donne invasate dalle lunghe gonne, foreste del Nord, labirinti d'acque, comignoli e lumini, greggi sotto la neve, montagne costellate di fuochi, lingue perdute, incantesimi. E ancora pellegrini in viaggio, santuari anneriti dalle candele, cimitieri ebraici, zingari e violini, carri a cavalli, icone, genuflessioni, ritmo carovaniero di litanie. È il mondo segreto di Monika Bulaj, viaggiatrice delle periferie d'Europa.



© by Monika Bulaj - Romania

Nella sua prima mostra di foto e testi sulle Genti di Dio, ci aveva mostrato, tra Baltico e Danubio, le frontiere della spiritualità orientale. Con questa seconda mostra va oltre, cerca le frontiere interne, immateriali, delle fedi. Compie un viaggio parallelo, esplora i territori franchi di coabitazione tra monotesimi. Mondi in bilico fra cristanesimo, islam e ebraismo, cattolicesimo e ortodossia.

Per gli stereotipi che rompe, questo nuovo viaggio nel sacro di Monika Bulaj è forse la cosa più dissacrante che ci sia. Ci mostra musulmani che festeggiano il sabat, ebrei che leggono il Corano, musulmane che segnano la croce sul pane prima di metterlo in forno e quelle che pregano la Madonna, cristiani che pregano gli alberi e la luna e sgozzano le capre nei templi, feste della fertilità cui accorrono islamici e cristiani, sciiti che festeggiano con i sunniti l'apertura delle moschee.


© by Monika Bulaj - Romania

Ma anche l'orizzonte fisico si amplia, va molto oltre il mondo carpatico, si spinge lontano, in una nebulosa di luoghi ignorati, arriva ai confini del Mar Caspio, scende lungo il Bosforo, si addentra nella Istanbul più segreta, risale sui monti della Bulgaria dobe suonano le zampogne, si perde tra Tibisco e Danubio nella terra dove vivono gli zingari narrati dai film di Kusturica, risale a Nord verso l'Ucraina occidentale, nei monasteri dove sopravvive l'ortodossia più antica, più passionale, più radicata al grembo della grande madre Russia. Luoghi di fede passionale, mistica. Centri di resistenza quasi clandestina contro l'agressione dei pensieri unici e delle intolleranze. Mondi viscerali, nemici dei dogmi e delle gererchie, ma anche straordinari anticorpi allo scontro tra fondamentalismi.


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© by Monika Bulaj - Ucraina

Chi è
Fotografa, antropologa e scrittrice polacca, vive a Bergamo.
Pubblica reportage, abbinando in modo tutto suo immagine e racconto.
Sul giornale di Ryszard Kapuscinski, la Gazeta Wyborcza, sui settimanali a colori del Corriere della Sera e di Repubblica, sull'Internazionale.
Ha pubblicato "Libya Felix", Bruno Mondadori 2003.


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© by Monika Bulaj - Romania

Hanno scritto di lei
«Se avete il sospetto che la fede non stia nelle piazze strapiene o nel marmo delle cattedrali, ma nelle periferie, nei villaggi ai confini dell'impero, allora guardate il lavoro di Monika Bulaj sui microcosmi
perduti dell'Est».

La Repubblica, Roma

«Le sue foto hanno l'odore della terra umida, dell'incenso, trasmettono la luminescenza dei ceri, riflettono la chiarezza del cielo pannonico. E oggi Monika Bulaj è riconosciuta nell'universo della foto artistica».
Le Soir, Bruxelles

«Questa antropologa curiosa, colta e appassionata, viaggia dal Marocco all'Iran su linee di frontiera che non troverete sulle carte, tra ciò che conosciamo e il mondo che rimane nascosto nel cono d'ombra della storia».
L'Eco di Bergamo

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© by Monika Bulaj - Romania

«La Bulaj abbina fotografia e scrittura, li mescola in una forma nuova di comunicazione, anche nella sua lingua nuova, l'italiano. Prosa forte, immaginifica, di un realismo fantastico.Va da sola d'inverno per piste da bracconieri, abita terre di nessuno, si infratta nelle «borderline», si sposta a una velocità incredibile, con pochissimi mezzi, dorme sotto le stelle, ha una resistenza da guerrigliero afghano».
Il Piccolo, Trieste

«Attraversa le frontiere d'Europa per catturare le immagini di una fede bollata come «popolare, folcloristica, esaltata». Un mondo di minoranze che il Muro ci ha impedito di conoscere per lunghi anni e ora rischia di sparire».
Il Riformista, Milano

«Il suo lavoro è un'occasione straordinaria di capire che non siamo solo europei, ma che ci sono minoranze culturali e religiose che il Muro tra Est e Ovest ci ha impedito per anni di conoscere».
Liberazione, Roma

«La luce, tutta interiore, esplode in sequenze blu notte, rosso e giallo oro. I volti – vecchie monache che biascicano le litanie, giovani donne che al corteo funebre portano il cibo per i morti, sposi che mostrano una icona sacra per essere accolti dalla comunità. L'obiettivo di Bulaj ritrova tracce del fervore apocalittico che contagiò la Polonia Nord Orientale nei primi decenni del secolo scorso e le traspone nei colori panici e nella luce che accelera la corsa estatica della donna scalza fra il grano maturo».
Alias, Roma


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© by Monika Bulaj - Romania
 

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