Intervista

A cura di:

L'empatia del fotografo
Francesco Cocco

In occasione della mostra Beijing in and out (prima a Modena, poi a Roma) - un lavoro di documentazione e ricerca, frutto di un anno di lavoro collettivo di dieci fotografi di Contrasto - Sguardi ha rivolto alcune domande a Francesco Cocco, fotografo di Contrasto dal 2003, uno dei dieci fotografi inviati ad esplorare la metropoli di Pechino con i suoi 17 milioni di abitanti alla vigilia delle Olimpiadi 2008. I temi erano così ripartiti: i giovani (Lorenzo Cicconi Massi), il mondo della televisione (Stefano De Luigi), il lavoro delle miniere di carbone (Francesco Cocco), la Pechino notturna (Daniele Dainelli), le ragazze e i nuovi canoni della bellezza cinese (Luigi Gariglio), gli interni delle case e l'intimità delle famiglie (Lorenzo Pesce); le sale d'attesa delle stazioni (Theo Volpatti), le drag queens (Marcello Bonfanti), i pendolari della città (Riccardo Venturi) e i membri del Partito Comunista Cinese (Tommaso Bonaventura).
La mostra allestita a Modena è un progetto di Contrasto in collaborazione con la Festa del PD di Modena.

Francesco Cocco conduce assieme a Riccardo Venturi un incontro dedicato al reportage sociale e in particolare al racconto del lavoro dell'uomo. Per Sguardi Romina Marani gli ha rivolto alcune domande sulla mostra e sul suo lavoro.


© F. Cocco/Contrasto

© F. Cocco/Contrasto, Mines, Cina, Febbraio 2007
Provincia dello Shanxi. Miniera di Yongdingzhuang (miniera numero 2) - Minatore

Beijing In and Out è il frutto di un lavoro collettivo. C'è stato anche un lavoro di squadra – di confronto e uno scambio di idee - tra i fotografi che hanno partecipato a questo progetto o ognuno ha lavorato in modo indipendente dagli altri?
A volte nel nostro lavoro capita di far predominare la richiesta della committenza. Questo può creare disagio o inibire le scelte del fotografo. In questo caso, trattandosi di un progetto nato dall'agenzia, è stata offerta ad ognuno di noi la possibilità di lavorare in piena autonomia, senza vincoli o imposizioni, seguendo il proprio istinto e lasciando libero spazio alla propria personale visione. Lo scambio e il confronto avveniva anche solo in fugaci incontri tra un arrivo e una partenza da Pechino. Di quel periodo ricordo con piacere la bella energia tra i fotografi. C'era in ognuno di noi la giusta consapevolezza di far parte di un gruppo.

Perché dei tanti volti della Cina hai scelto di raccontare proprio quello dei lavoratori delle miniere di carbone?
L'industria di estrazione del carbone in Cina è la più grande del mondo. Assolutamente drammatico resta a tutt'oggi il problema della sicurezza. Ogni anno muoiono nelle miniere cinesi circa 10 mila lavoratori. Nella stragrande maggioranza dei casi gli incidenti sono dovuti alla mancanza di adeguati sistemi di sicurezza, alle durissime condizioni di lavoro e alla corsa da parte dei proprietari delle miniere al profitto a scapito delle norme di sicurezza. In Cina è molto difficile lavorare, ci sono molte restrizioni da parte del governo. Non potevo chiedere permessi per entrare in questi luoghi, non mi sarebbero stati concessi, ma volevo attraverso il mio lavoro mantenere alta l'attenzione rispetto a questa triste realtà. Non ho la presunzione di poter dire di esserci riuscito ma mi fa stare bene il pensiero di averci provato.


© F. Cocco/Contrasto

F. Cocco/Contrasto, Mines, Cina, Febbraio 2007
Provincia dello Shanxi. Mei Yu Kou Mine (mine number 1).
Un minatore all’interno dell’ascensore che lo porterà a circa 450 metri sotto terra

In occasione del passaggio di Beijing In and Out a Modena, hai tenuto per Contrasto con Riccardo Venturi un workshop sul reportage sociale. I tuoi reportage parlano soprattutto di storie difficili e delle fasce più deboli della società. I detenuti delle carceri italiane, i bambini lavoratori del Bangladesh, la prostituzione minorile e le vittime delle mine antiuomo in Cambogia, solo per citarne alcune. Come ti accosti a queste persone per raccontarle? Cerchi un'interazione o preferisci essere osservatore esterno?
Per il tipo di fotografia che faccio, fotografare determinate circostanze significa superare delle barriere, guadagnare un accesso alle cose e alle situazioni e per rendere le tue immagini interessanti questo approccio deve essere diverso da quello di un incontro superficiale con la realtà. Non potrei mai limitarmi ad essere un osservatore esterno. Con questo linguaggio cerco di raccontare delle storie. Per fare questo devo entrare in sintonia con quelle persone, con quei soggetti che faranno parte delle mie fotografie. Devo vivere i luoghi e le persone che fotografo. Trascorrere del tempo con loro significa conoscerli, ma al tempo stesso anche svelarsi. È in questo gioco di specchi che si abbassa la guardia e ci si spoglia dai pregiudizi.

C'è chi sostiene che il visitatore di passaggio possa mettere a fuoco l'essenza dei luoghi meglio di chi li abita. Tu cosa ne pensi? Come fotografo preferisci raccontare persone e luoghi con passaggi veloci o soffermandoti più a lungo?
Forse questo in parte è vero. La famosa battuta... l'esotico aiuta sempre! Anche se non credo fino in fondo che sia propriamente così, è certo comunque che fotografare dietro l'angolo di casa è altrettanto difficile. Si finisce per acquisire una sorta di assuefazione visiva rispetto alle cose che tutti i giorni abbiamo sotto gli occhi, diventa più complicato il processo di selezione. Del resto prima di ottenere buone foto bisogna imparare a vedere. La natura del mio lavoro è di per sé lenta. Le storie che cerco di raccontare a volte durano degli anni. Per Prisons, il lavoro nelle carceri in Italia, sono stato in carcere tantissime volte. Non le ho mai contate, ma la sensazione è sempre stata di avere avuto un tempo a disposizione molto breve rispetto a quello che è il mio modo consueto di fotografare, rispetto al tempo che avrei desiderato trascorrere con i detenuti. Quando posso mi piace ritornare sui luoghi dove sono già stato a fotografare, per vedere se è successo qualcosa, se è cambiato qualcosa. Il senso del ritornare è proprio la voglia di approfondire, ed è quello che mi interessa della fotografia.


© F. Cocco/Contrasto

© F. Cocco/Contrasto, Palermo
Immigrazione - "Missione di speranza e carità" Biagio Conte.
Emmanuel, 32 anni, ghanese di fede cattolica

Come ti prepari prima di una partenza? Solitamente viaggi solo?
Esiste una fase di preparazione al viaggio, dove ci si documenta, si raccolgono informazioni e se possibile, e a volte è necessario, si prendono contatti con Ong che lavorano sul posto. Anche se comunque devo dire che ho sempre evitato di definire in modo troppo preciso quello che andrò a fotografare. Molte delle mie fotografie sono dovute all'accidentalità degli incontri e delle situazioni, un modo per abbandonarsi ad esperienze a volte ordinarie, a volte estreme. Questo è anche uno dei motivi per cui spesso viaggio da solo, salvo quando c'è un incarico da parte di una testata. In tal caso, quasi sempre in compagnia di un giornalista.

Cambogia, Bangladesh, Vietnam e oggi di nuovo Cina. Hai viaggiato anche in Africa, in Europa e in America Latina, ma gran parte dei tuoi lavori portano in Asia. È una casualità o hai un legame speciale con l'Oriente?
Credo si tratti di una questione di come si è, di indole, oltre che di curiosità o interesse per un luogo piuttosto che per un altro. Tendenzialmente prediligo il sud del mondo. Altrettanto vero è il mio interesse per l'Africa, ma per l'Asia e il Sud Est Asiatico si tratta di vero amore. Qui in particolare mi sento bene, sono completamente a mio agio, resto affascinato dalla dolcezza degli sguardi della gente, dalla loro gentilezza, soprattutto dall'incredibile forza d'animo. Sono veri e propri campioni di sopravvivenza che troppo spesso scommettono sul proprio destino. Questo smuove il mio senso di compassione anche attraverso le immagini.


© F. Cocco/Contrasto

© F. Cocco/Contrasto, Modena, Settembre 2002
Casa circondariale Sant'Anna. Detenuta al sole in un angolo del cortile durante l'ora d'aria

Come sei arrivato alla fotografia? Che formazione hai?
Il mio rapporto con la fotografia nasce da un desiderio di conoscenza. Ho iniziato a viaggiare e fotografare molto giovane e la fotografia è il miglior mezzo che ho potuto sperimentare per conoscere le situazioni in cui vado. Credo che sia anche attraverso la propria interpretazione che si arriva a poter conoscere meglio e di conseguenza a trasmettere questa conoscenza ad altri. Salvo alcune brevi e sporadiche esperienze come assistente per altri fotografi la mia formazione è assolutamente da autodidatta.

Viaggi leggero o porti con te molta attrezzatura?
Molto dipende dal tipo di lavoro che devo affrontare e dal luogo in cui vado. Tendenzialmente ho con me il minimo indispensabile, preferisco essere leggero, spesso utilizzo piccoli apparecchi per poter essere il più possibile discreto. La macchina fotografica è uno strumento invasivo e a volte spaventa o quantomeno modifica la situazione.


© F. Cocco/Contrasto

© F. Cocco/Contrasto, Modena, Settembre 2002
Casa circondariale Sant'Anna.
Detenuta dipendente da cocaina mostra
i lividi e le cicatrici sulle braccia

© F. Cocco/Contrasto

© F. Cocco/Contrasto, Roma, 2004
Hotel Africa, ex capannone
delle FS occupato dagli immigrati
nel quartiere Tiburtino

Cosa non deve mai mancare nella tua borsa?
Quello che non manca mai è un taccuino per gli appunti, su cui annotare pensieri, cose che mi colpiscono e che voglio ricordare, o più semplicemente per prendere nota dei nomi delle persone che incontro, una sorta di diario. Spesso lo utilizzo anche per disegnare delle ipotetiche fotografie che farei.

Molti dei tuoi lavori sono in bianco e nero. Lo preferisci al colore?
Bianco e nero o colore credo che sia un fatto di sensibilità personale. Vero è che tutti i miei lavori più importanti sono in bianco e nero. A me piace per il suo carattere di essenzialità e immediatezza, non lo utilizzo di certo per enfatizzare la drammaticità degli argomenti che tratto con le mie fotografie. La fotografia, per me, è forma e contenuto e ho la sensazione che il colore possa falsare queste regole magari solo perché ti colpisce o ti attrae più del soggetto stesso. Forse anche perché penso che la specificità della fotografia a colori sia ancora in continua esplorazione, più che mai oggi con l'avvento del digitale.


© F. Cocco/Contrasto

© F. Cocco/Contrasto, Cina, Febbraio 2007
Provincia dello Shanxi. Jiang Jia Wan Mine.
Terminato il loro turno di lavoro i minatori raggiungono una zona docce
caratterizzata da grandi vasche piene di acqua calda dove possono immergersi per lavarsi
 

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