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Emblema, fotogiornalismo in Italia

Subito sotto il nome dell'agenzia, c'è scritto photojournalism in Italy, una dichiarazione di intenti chiara e diretta. L'avventura di Emblema inizia nel 1999. Obiettivo: testimoniare la realtà italiana e internazionale, con uno sguardo diretto su news, storie, costume e società. Oggi Emblema conta una ventina di fotografi tra staff e contributors sul territorio nazionale e dispone di oltre 100.000 immagini di news, personaggi, attualità. Qui, di seguito, Riccardo Pezzetti, managing director, illustra la filosofia editoriale dell'agenzia, e poi Raffaela Lepanto ci parla di photoediting e visione creativa.

© 2010 Simone Stefanelli/Emblema
© 2010 Simone Stefanelli/Emblema
Burkina Faso, Essakena - The Filtobe Kaagne are gold diggers of Essakena,
270 km north of the capital Ouagadogou

«Abbiamo iniziato con una camera oscura, tre computer e una naturale passione per il fotogiornalismo» dice Riccardo Pezzetti, «le foto si consegnavano a mano, si pubblicava in bianco e nero, il web non esisteva. Sembra ormai preistoria, ma stiamo parlando di soli dieci anni fa! All'epoca le strade erano battute da fotografi di professione, ora ci sono i professionisti della fotografia. Sembra un gioco di parole, ma la differenza non è sottile. L'avvento del digitale ha trasformato questo mestiere dalla testimonianza di un fatto allo scatto frenetico a qualunque cosa si muova; il desiderio di approfondimento si è tramutato nell'esigenza della pubblicazione; si assiste a scene dove si spediscono immagini prima ancora che l'evento sia iniziato, venendo meno allo scopo di questo lavoro: puntare l'obiettivo sul racconto della storia e dargli il proprio taglio nella sua rappresentazione.

© Aldo Soligno/Emblema
© Aldo Soligno/Emblema
Sunset in the Bet Hanoun district. Bet Hanoun, Gaza Strip

Dal settembre '99, anno di nascita dell'agenzia Emblema, abbiamo seguito alcuni tra i più significativi eventi di news italiani e internazionali. Il G8 di Genova, il primo grande fatto di cronaca del nuovo millennio, lo scoppio della guerra in Afghanistan nel 2001 e in Iraq nel 2003, confrontandoci con le più grandi agenzie di news mondiali. Nel 2004 siamo stati testimoni in Israele, nell'eterno conflitto con il popolo palestinese, dell'annientamento dei vertici di Hamas, con gli ultimi scatti in vita - tra gli altri - del leader palestinese Yassin.
Oggi, la drastica crisi del mercato del fotogiornalismo ci ha imposto un cambiamento di rotta. Mi ha fatto riflettere, da un punto di vista fotogiornalistico, il messaggio arrivato quest'anno dal World Press Photo. Tra le oltre 100mila fotografie, giunte da tutto il mondo per l'edizione 2011, un premio "Menzione d'Onore" nella categoria Contemporary Issues –dato a Google Street View - A Series of Unfortunate Events.  Immagini, riprese direttamente da una macchina fotografica, che "rubano" a Google Street View momenti di vita, per lo più di  incidenti, episodi sfortunati o di dubbio gusto, mostrandoli in piccole istantanee quotidiane. Non è tanto il mezzo, quanto è il contenuto, che fa riflettere. Una provocazione, scrive qualcuno, ma a quale scopo?, ci domandiamo.

© 2010 Luca Scabbia/Emblema
© 2010 Luca Scabbia/Emblema
Italy, Riccione, Beauty contest 'Miss Chirurgia Estetica 2009' at 'Bollicine disco dancing'

Da parte nostra, continueremo a portare avanti il nostro lavoro con determinazione, cercando di aggirare quelle politiche editoriali ancora condizionate da forti restrizioni nei budget  fotografici, ampliando gli orizzonti a garanzia del nostro futuro. Il nostro secondo decennio è iniziato con un grande rinnovamento: totale restyling del sito web con nuove competenze ed energie all'interno dello staff. Abbiamo deciso di concentrare la nostra produzione soprattutto su storie italiane, puntando l'obiettivo su chi sta portando avanti idee di cambiamento e tentando di far riemergere il Paese da quell'immaginario collettivo nel quale è ancora imprigionato, tra gossip e caste, emergenza sociale e lassismo istituzionale. Siamo impegnati anche in progetti legati ai temi ambientali e delle energie alternative, essendo consapevoli che l'emergenza climatica globale che stiamo vivendo diventerà un fattore sempre più cruciale».

© 2010 Luca Scabbia/Emblema
© 2010 Luca Scabbia/Emblema
Italy, Milan - Sara, akas Nausica in her home

«La sfida sulla quale l'agenzia Emblema si sta impegnando», afferma Raffaela Lepanto, «è essenzialmente quella di rimanere creativa in un momento estremamente mutevole, instabile e ancora confuso. È una sfida di principio, perché ancora crediamo che la fotografia se non è fatta con passione, come qualsiasi arte, è inutile, noiosa, e ormai pericolosamente ridondante; ma è anche una sfida pratica, un impegno quotidiano verso la qualità nonostante tutto, quando tutto sembra premere verso scorciatoie. Credo che la forza sia data dalla struttura familiare dell'agenzia stessa; qui i fotografi vengono ancora di persona, tutti i giorni, ci si parla e ci si confronta costantemente, si lavora e si studia insieme. Insieme, durante quest'ultimo anno abbiamo organizzato workshop interni, insieme abbiamo immaginato il nostro nuovo sito. La sfida è anche questa; cogliere il momento di crisi per rinnovarsi, anche a rischio di ripartire da zero. In un momento così critico come questo, per il mercato editoriale, la scelta di Emblema di investire su un photoeditor e direttore creativo, una realtà che appartiene in genere alle redazioni dei magazine o alla pubblicità, credo rappresenti proprio questo: il messaggio è chiaro, proprio adesso, proprio nei tempi più duri è necessario puntare ancora di più alla qualità e dedicare tempo alla ricerca dell'innovazione. Nessuno di noi, credo, sa esattamente in quali acque ci stiamo muovendo e dove il lavoro di fotografi e operatori nel mondo della fotografia ci porterà; quindi, è inutile fare finta di saperlo.

© 2010 Luca Scabbia/Emblema
© 2010 Luca Scabbia/Emblema
Italy, Ferrara - Marco during a rehabilitation exercise

L'unica cosa importante è smettere di lamentarsi e cominciare a studiare, quello che già funziona, quello che potrebbe funzionare; e al contempo, immaginare quello che davvero ci piacerebbe vedere sui giornali, sul web, alle mostre, al cinema, e provare a farlo, senza lasciarsi sviare dalle difficoltà. Che cosa dà questa forza?  Dappertutto, recentemente: mi imbatto nella domanda "Ma il fotogiornalismo è morto?". Io personalmente credo che non è mai stato più vivo. Nessuno sa ancora definirlo, d'accordo. Ma ce n'è bisogno? Questo dà la forza. Forse, se non sappiamo cos'è, possiamo reinventarlo, e con lui reinventare il sistema che l'ha sostenuto finora. A morire sono i vecchi mezzi di comunicazione, e i vecchi sistemi economici che li hanno tenuti in piedi senza mai aprire la via al cambiamento; il loro contenuto si è semplicemente riversato altrove, sui blog, nei concorsi, nelle mostre, nei magazine online dove la gente ha modo di interagire, di inventare e non subire passivamente modelli statici. Anche a costo di produrseli da sola. Questa è la forza, la spinta, che continua a motivarci: non è vero che molti giornali sono poveri di notizie, di fantasia, di contenuto innovativo perché questo è ciò che la gente vuole: credo che questa sia un' enorme bugia. Alcune testate l'hanno capito, e hanno creduto nella gente e nel cambiamento; basti guardare l'enorme successo internazionale di Wired.

© 2010 Elio Colavolpe/Emblema
© 2010 Elio Colavolpe/Emblema
Agent Linch, a Pin Up adored by all the Spy Movies lovers. The burlesque bombshell and pin-up has been a firm favourite of the Burlesque scene for the past 3 years. A circuit fixture in her native London she also performs regularly in Paris, Milan and accross Europe.  Famous for her inventive espionage, Barbarella and iconic 6os and 70s routines she has danced her way around Bollywood, been the first ever Burlesque dancer to perform in Bosnia at this years Sarajevo Film Festival and starred in music promos for bands such as Elbow, Tricky and The Enemy. She teaches at the Burlesque Academy of London

Altre hanno creduto che la gente potesse accontentarsi per sempre, e la gente se n'è andata. Per citare Brian Storm, la gente è letteralmente "affamata" di storie. Di storie vere, raccontate nei dettagli, con passione, ricercate, immaginate, trovate dal fotoreporter con la stessa identica passione e accanimento del giornalista che insegue il suo racconto finché non ce l'ha in mano... E la gente, quella affamata, e non assopita, questa ricerca, questa passione la recepisce, la recepisce davvero, e lo dimostrano il successo dirompente del Community Funded Reporting come Spot Us, o Pro Publica (che ha vinto il premio Pulizter per il giornalismo l'anno scorso) dove le storie da scrivere sono scelte dal pubblico che da casa le sponsorizza, o l'assiduità commovente con cui la gente lascia migliaia di commenti sui blog di fotografia, magari rimanendo in piedi la notte per scrivere, l'immensa onda dei social network che rimbalza immagini, e a volte immagini straordinarie... alla gente poco importa che le immagini siano state scattate con un'Hipstamatic, con Google o con un reflex costosissima... l'importante è che ci sia una storia vera, che valga la pena di essere raccontata.

© 2010 Paolo Poce/Emblema
© 2010 Paolo Poce/Emblema
Italy, Milan - A large number of African exiles, originally from Somalia and Eritrea, are routinely cleared by the police despite their status of political refugee (protected by the Geneva Convention)
According to this Convention and thanks to funds allocated by the European Community,
the host countries should find the refugees a decent accommodation.
Unfortunately, the places they end up living are very different

A mio parere è ancora troppo presto per dare risposte, e dare parametri senza dare idee di contenuto, di che cosa sia allora davvero il fotogiornalismo e di quali siano i media interessati al nostro lavoro. Lo ripeto, e me lo ripeto tutti i giorni, magari per darmi coraggio; la realtà di cosa sia e di dove stia andando il fotogiornalismo non la so, ma va bene così. Ce la stiamo inventando insieme, giorno per giorno. Nella pratica, quello che vorremmo riuscire a fare a Emblema è raccontare il nostro paese in modo nuovo, contemporaneo, e soprattutto, in modo anche positivo. A tutti i fotografi ricordo questo, perché secondo me è importante. Che il nostro lavoro è fatto di denuncia, ma è fatto anche di ispirazione. E input e speranza che possiamo "passarci" l'un l'altro su esperimenti riusciti, che siano esperimenti sociali, ecologici, familiari... non importa. È un messaggio che della fotografia la maggior parte dei fotografi trova scontato e invece è fondamentale, perché il mondo davvero non è solo devastazione e orrore, e mai come in questo momento questo pensiero ci serve, letteralmente, per sopravvivere; dobbiamo ricordarci di testimoniarlo e raccontarlo, la fotografia ha anche questo compito. Al momento stiamo vedendo e valutando nuovi fotografi. Ogni volta che apro una busta con un portfolio o incontro un nuovo "aspirante" mi sento emozionata: spero di trovare nella busta, o negli occhi del fotografo, un po' di quel coraggio, innovazione, o forse sarebbe meglio chiamarla dimenticanza del già visto o noncuranza del politically correct con la quale costruire, insieme, un pezzo di futuro».

www.emblema.net


 

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