Migliorare un ritratto vai al Forum

di Sergio Pivetta

Il "LA" a questo 3d me lo ha dato Rudi quando, giorni fa, ha postato una foto che ha scattato alla nonna.

Una bella foto ma con un difetto importante, che gli ho evidenziato.

Quando l'ho vista, una cosa mi ha colpito, quasi con violenza, le rughe.

Una persona anziana, ha il viso solcato da mille rughe, è ovvio, fa parte della severa legge naturale.
E proprio nella foto della nonna di Rudi si vedevano tremendamente bene.
Il punto è proprio questo, si vedevano troppo bene.

Quando si ritrae una persona, anche sconosciuta, si crea un rapporto fra i due e, come in tutti i rapporti che si rispettino, ci deve essere rispetto e comprensione, da entrambe le parti.

Alla persona che stiamo fotografando e, riflettete, che si fa fotografare da noi, dobbiamo un'attenzione particolare.
Dopotutto è nelle nostre mani, merita il nostro rispetto.

Se il soggetto da ritrarre è una bella e giovane ragazza, non vi sono problemi, il viso sarà sicuramente meraviglioso.

 

 

Se, invece, chi sta seduto davanti il nostro obiettivo è una nonna, dobbiamo pensare a lei, anche alla sua fatica, abilmente e dignitosamente nascosta, nel ritrovarsi anno dopo anno, il viso cambiato dal tempo che passa.
Un'attenzione da tenere ben presente in questi casi.
Sarebbe stato quindi più elegante e rispettoso evitare di evidenziarne così brutalmente le rughe.

Con un uomo il discorso è diverso; del maschio abbiamo l'idea dell'uomo che, se segnato dal tempo, tanto meglio. Quindi, quando ritraggo un uomo di una certa età, lascio evidenti tutte le rughe.

Con la donna non è così.
Sono convinto che, quando si ritrae una signora anziana, si debba sì rispettare la realtà, cioè i solchi del tempo, ma sono anche del parere che, in qualche modo, li si debba far scivolare in secondo piano, per una questione di rispetto della persona.

Come facciamo a farli pesare meno sul bilancio della nostra immagine?

Photoshop, timbro clone, toppa e via?
No, sarebbe un volgare imbroglio da quattro soldi.

E la prima ad offendersi sarebbe proprio la signora ritratta che, più che non riconoscersi, vedrebbe sottolineato invece il dramma del tempo.

Diversi anni fa ho ritratto una mia anziana zia, aveva il viso solcato da un intricato e profondo reticolo di rughe.

Pur sapendo che non se ne crucciava più di tanto, almeno così voleva far credere (il percorso della sua vita era stato infatti più duro da sopportare), seguendo i miei principi, non ho infierito, evitando di rappresentarle come realmente erano.

Il metodo naturalmente deve essere discreto, non eccessivo.
In post produzione con controllo sfocatura se in digitale.
Un filtro diffusore, durante la ripresa, se lavoriamo ancora con la pellicola.

Fare molta attenzione alla qualità della luce, che non deve essere cruda, contrastata, ma morbida.
Un bank è l'ideale, ma è sufficiente anche quella riflessa da un muro o un pannello riflettente come il polistirolo.

Se non siamo normalmente addormentati, ci saremo accorti che la luce radente evidenzia le gobbe, i difetti, le asperità.
Quindi sappiamo che non dovremo usarla.
Se non si è smaliziati in luci principali, di schiarita o riflesse, meglio una luce quasi frontale, massimo 45° dall'asse di ripresa.

Un'altro accorgimento semplice semplice, ovvio: evitare il primissimo piano, molto meglio mezzo busto o piano americano.
Nella vita reale, chi mai va sfacciatamente ad una spanna dal viso a guardarlo, infatti?
E così ho fatto.

La persona ritratta si accorge (magari non ce lo dirà) di queste gentilezze nei suoi confronti e se lo ricorderà enfatizzando i complimenti, ovviamente se il ritratto le piacerà.

E' opinione comune che, ora che abbiamo a disposizione Photoshop, tutte le belle immagini o in tutte quelle dove un soggetto sia particolarmente piacevole, vi sia un pesante intervento di postproduzione.

Io sono del parere che, per realizzare una bella immagine dai reali contenuti culturali, emozionali e sentimentali, ci sia innanzitutto la capacità e la bravura del fotografo.

L'intervento di post-produzione profondo è, se non teso ad un reale aumento del quoziente artistico, un falso. Anche se a fin di bene.

Invece un bravo professionista, o autore, interviene con ben altri mezzi per aggirare alcuni ostacoli.
Per lui non è una questione di inganni.

E' una questione di eleganza o, se volete, delicatezza, riguardo, diplomazia.
E' come dire che una persona di lavoro fa lo spazzino oppure dire che è operatore ambientale.
E' lo stesso lavoro, ma non offende.
Una persona grassa si può snellire fino a trasformarla in anoressica col comando modifica>distorci.
E questo io lo chiamo imbroglio.

Oppure usando sapientemente le ombre.
E questa io la chiamo eleganza.

Nelle immagini, più che l'uso della luce, è l'uso delle ombre che fa la differenza:

o, per esempio, con un controluce:

Ecco allora che il vedo-non-vedo diventa piacevole, non, per esempio, una imbarazzante, per non dire volgare, esibizione di biancheria intima.
I difetti, se ci sono, silenziosamente e discretamente scompaiono.

Ma perchè ci facciamo un ritratto?

Per esporlo, non avrebbe infatti senso rinchiuderlo in un armadio.

Se venissi a sapere che un ritratto, fatto da me, viene nascosto, ci rimarrei molto male, quasi un'offesa.
Non tutti, anche se magari lo vorrebbero fare, accettano di richiedere un nudo.
Fra i tanti motivi spesso il principale è la vergogna di essere visti.
Le ombre in questo caso ci vengono in aiuto per permetterci ciò che vogliamo.