Il "LA" a questo 3d me lo ha dato Rudi
quando, giorni fa, ha postato una foto che ha scattato
alla nonna.
Una bella foto ma con un difetto importante, che
gli ho evidenziato.
Quando l'ho vista, una cosa mi ha colpito, quasi
con violenza, le rughe.
Una persona anziana, ha il viso solcato da mille
rughe, è ovvio, fa parte della severa legge
naturale.
E proprio nella foto della nonna di Rudi si vedevano
tremendamente bene.
Il punto è proprio questo, si vedevano troppo
bene.
Quando si ritrae una persona, anche sconosciuta,
si crea un rapporto fra i due e, come in tutti i rapporti
che si rispettino, ci deve essere rispetto e comprensione,
da entrambe le parti.
Alla persona che stiamo fotografando e, riflettete,
che si fa fotografare da noi, dobbiamo un'attenzione
particolare.
Dopotutto è nelle nostre mani, merita il nostro
rispetto.
Se il soggetto da ritrarre è una bella e giovane
ragazza, non vi sono problemi, il viso sarà
sicuramente meraviglioso.
Se, invece, chi sta seduto davanti il nostro obiettivo
è una nonna, dobbiamo pensare a lei, anche
alla sua fatica, abilmente e dignitosamente nascosta,
nel ritrovarsi anno dopo anno, il viso cambiato dal
tempo che passa.
Un'attenzione da tenere ben presente in questi casi.
Sarebbe stato quindi più elegante e rispettoso
evitare di evidenziarne così brutalmente le
rughe.
Con un uomo il discorso è diverso; del maschio
abbiamo l'idea dell'uomo che, se segnato dal tempo,
tanto meglio. Quindi, quando ritraggo un uomo di una
certa età, lascio evidenti tutte le rughe.
Con la donna non è così.
Sono convinto che, quando si ritrae una signora anziana,
si debba sì rispettare la realtà, cioè
i solchi del tempo, ma sono anche del parere che,
in qualche modo, li si debba far scivolare in secondo
piano, per una questione di rispetto della persona.
Come facciamo a farli pesare meno sul bilancio della
nostra immagine?
Photoshop, timbro clone, toppa e via?
No, sarebbe un volgare imbroglio da quattro soldi.
E la prima ad offendersi sarebbe proprio la signora
ritratta che, più che non riconoscersi, vedrebbe
sottolineato invece il dramma del tempo.
Diversi anni fa ho ritratto una mia anziana zia,
aveva il viso solcato da un intricato e profondo reticolo
di rughe.
Pur sapendo che non se ne crucciava più di
tanto, almeno così voleva far credere (il percorso
della sua vita era stato infatti più duro da
sopportare), seguendo i miei principi, non ho infierito,
evitando di rappresentarle come realmente erano.
Il metodo naturalmente deve essere discreto, non
eccessivo.
In post produzione con controllo sfocatura se in digitale.
Un filtro diffusore, durante la ripresa, se lavoriamo
ancora con la pellicola.
Fare molta attenzione alla qualità della luce,
che non deve essere cruda, contrastata, ma morbida.
Un bank è l'ideale, ma è sufficiente
anche quella riflessa da un muro o un pannello riflettente
come il polistirolo.
Se non siamo normalmente addormentati, ci saremo
accorti che la luce radente evidenzia le gobbe, i
difetti, le asperità.
Quindi sappiamo che non dovremo usarla.
Se non si è smaliziati in luci principali,
di schiarita o riflesse, meglio una luce quasi frontale,
massimo 45° dall'asse di ripresa.
Un'altro accorgimento semplice semplice, ovvio: evitare
il primissimo piano, molto meglio mezzo busto o piano
americano.
Nella vita reale, chi mai va sfacciatamente ad una
spanna dal viso a guardarlo, infatti?
E così ho fatto.
La persona ritratta si accorge (magari non ce lo
dirà) di queste gentilezze nei suoi confronti
e se lo ricorderà enfatizzando i complimenti,
ovviamente se il ritratto le piacerà.
E' opinione comune che, ora che abbiamo a disposizione
Photoshop, tutte le belle immagini o in tutte quelle
dove un soggetto sia particolarmente piacevole, vi
sia un pesante intervento di postproduzione.
Io sono del parere che, per realizzare una bella
immagine dai reali contenuti culturali, emozionali
e sentimentali, ci sia innanzitutto la capacità
e la bravura del fotografo.
L'intervento di post-produzione profondo è,
se non teso ad un reale aumento del quoziente artistico,
un falso. Anche se a fin di bene.
Invece un bravo professionista, o autore, interviene
con ben altri mezzi per aggirare alcuni ostacoli.
Per lui non è una questione di inganni.
E' una questione di eleganza o, se volete, delicatezza,
riguardo, diplomazia.
E' come dire che una persona di lavoro fa lo spazzino
oppure dire che è operatore ambientale.
E' lo stesso lavoro, ma non offende.
Una persona grassa si può snellire fino a trasformarla
in anoressica col comando modifica>distorci.
E questo io lo chiamo imbroglio.
Oppure usando sapientemente le ombre.
E questa io la chiamo eleganza.
Nelle immagini, più che l'uso della luce,
è l'uso delle ombre che fa la differenza:
o, per esempio, con un controluce:
Ecco allora che il vedo-non-vedo diventa piacevole,
non, per esempio, una imbarazzante, per non dire volgare,
esibizione di biancheria intima.
I difetti, se ci sono, silenziosamente e discretamente
scompaiono.
Ma perchè ci facciamo un ritratto?
Per esporlo, non avrebbe infatti senso rinchiuderlo
in un armadio.
Se venissi a sapere che un ritratto, fatto da me,
viene nascosto, ci rimarrei molto male, quasi un'offesa.
Non tutti, anche se magari lo vorrebbero fare, accettano
di richiedere un nudo.
Fra i tanti motivi spesso il principale è la
vergogna di essere visti.
Le ombre in questo caso ci vengono in aiuto per permetterci
ciò che vogliamo.