Di Ludovico Fossà

Dimensionalità e progettualità

 

Dimensionalità e progettualità
Quando disegniamo una sfera che dia la sensazione di tridimensionalità, possiamo illustrarla più o meno così:

Quindi le si dà una luce principale e il resto va in ombra.

Ma, forse, così è meglio:

Cosa abbiamo fatto?
C'è la luce principale che avevamo prima ma in più abbiamo messo un controluce dall'altro lato.

Questo modo di illuminare gli oggetti (ma parlo sempre per grandi linee generali) è quello che riesce a dare la rotondità (e quindi la dimensionalità) agli oggetti che fotografiamo, in modo più efficace.
In effetti per realizzare una cosa del genere occorre un solo punto luce e un pannello per rischiarare.

Non bisogna mai farsi prendere la mano dal set.
Poche fonti luminose (quelle necessarie).
Un errore comune di chi inizia, è quello di costruire set complicatissimi con molti punti luce.
Si parte da una luce principale, poi ci accorgiamo che manca qualcosa da qualche parte, allora si aggiunge, e poi si aggiunge ancora, e poi ancora...
Risultato: set improponibili e decine di ombre da gestire.
Anche in questo caso, si deve arrivare alla sintesi e costruirsi un set che non sia inutilmente ridondante. "Complicato" non vuol dire necessariamente "ben fatto".

A questo proposito, mi piace sempre ricordare un aneddoto che, seppur di tutt'altro argomento, in qualche maniera è emblematico.
In una scuola, un giorno di tanti anni fa, un bambino venne punito dal maestro.
"Vai dietro la lavagna e somma tutti i numeri da 1 a 100!"
Chiunque si aspetterebbe una sitazione del tipo: 1+2 = 3, 3+3 = 6, 6+4 = 10, 10+5 = 15, etc…
Ma il bimbo si chiamava Gauss e dopo 7 secondi sbucò fuori dalla lavagna con il risultato: 5050!
Qui interviene la creatività nel progetto.
I numeri da 1 a 100 sono formati da 50 coppie di numeri la cui somma dà come risultato 101 (1+100, 2+99, 3+98, 4+97, e così via fino ad arrivare a 50+51).
L'operazione che fece, quindi, il piccolo Gauss fu: 50X101 = 5050.
Questo per dire che la creatività non si esprime solamente nella realizzazione di immagini gradevoli e ben composte, ma anche nel risolvere i problemi (pratici) nel modo più lineare e semplice.

Normalmente basta una luce o due con una serie, anche cospicua, di "compensazioni" (pannelli argentati e/o bianchi di varie dimensioni) che altro non sono che la "simulazione" dei vari riflessi che, nelle situazioni nelle quali osserviamo ciò che stiamo fotografando, si verificano a seguito di pareti, piani d'appoggio, altri oggetti vicini, etc…

Ritorna sempre il concetto di interpretazione.
Interpretare e modulare a nostro vantaggio, ciò che normalmente vediamo intorno a noi.

Insomma: Progettare.

Progetto significa fermarsi un attimo e riflettere su cosa abbiamo intenzione di fare. Che atmosfera vogliamo abbia la nostra foto, che composizione, …..
L'unica strada per abituarsi a questo approccio è osservare, prendere in mano l'oggetto/gli oggetti da fotografare e cercare di capire come si comportano nei confronti della luce.
Verificare le differenze di comportamento dei diversi materiali. Un paio di scarpe di pelle, una pentola di acciaio lucido, un oggetto di metallo satinato, hanno ovviamente bisogno di una luce "dedicata" che riesca ad esaltarne le caratteristiche. Arrivare, quindi, ad una sorta di "automatismo" per capire che tipo di luce e che angolo di incidenza è il più opportuno per quello specifico oggetto.
Ricordiamoci che nell'osservare un'immagine, utilizziamo solo la vista, e quindi dobbiamo cercare di trasferire, all'unico senso a nostra disposizione, tutti i contributi provenienti dagli altri sensi.
Pensiamo solo alle foto di "food" come, ad esempio, il classico piatto di pasta: Occorre "vedere" che è buono, "vedere" il suo profumo, "vedere" la sua consistenza.
Allora dobbiamo adottare qualche piccolo artifizio come, ad esempio, non cuocere del tutto la pasta, ma scottarla appena. L'aspetto un po' rigido ci dà la sensazione che sia "al dente" e il colore giallo, che durante la cottura tende a svanire, la rende decisamente più fotogenica.
Anche in questo caso, come per la bottiglia descritta poco fa, la "sensazione" di naturalezza, viene "costruita" ritraendo qualcosa di non reale.

Osservare ed analizzare le foto delle campagne pubblicitarie e cercare di capire con quale set queste sono state realizzate.
Quest'esercizio è più facile di quello che può sembrare.
Tutti sono in grado di capire da che parte è rivolto il sole quando osserviamo una foto di paesaggio, lo capiamo dalla direzione e dalla lunghezza delle ombre. Oppure se il sole è velato o meno, lo capiamo sempre dalle ombre prodotte (dure o morbide) e dalle caratteristiche cromatiche (luce più fredda o più calda).
Stessa cosa con lo Still Life. Non c'è assolutamente nessuna differenza.
 

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