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Spazio Colore (color Mode)
esperienze su I sRGB II adobe III sRGB
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simlet
Messaggio: #1
Salve spero di introdurre un argomento che interessi a tutti.

Avrete capito che vorrei conoscere le vostre esperienze sulla suddetta impostazione colore.
Espongo la mia poca esperienza con la D 100.
Ho iniziato a fotografare impostando II adobe ,perche' mi sembra che riproduca piu' fedelmente i colori.
Vi risulta?
Ovviamente lavorando in raw restiamo liberi di cambiare in seguito le nostre scelte,operazione che all'inizio mi sono vietato,per volonta' di mantenere i colori naturali,ma dopo un po' di tempo queste morbidezze , queste tonalita' smortine mi anno annoiato e sono passato a preferire sRGB III.
sRGB I mi pare un po' troppo sfacciato.
Vi risulta?

Ovviamente tutto va in base alla scena ,ma in generale vi chiedo .....
quale preferite?
zalacchia
Messaggio: #2
L'argomento mi sembra veramente interessante.
Non ho ancora titolo per potermi esprimere con competenza ho la D100 da pochi giorni e ho fatto solo alcune prove, da quel poco che ho potuto capire, per fare un paragone, cambiare gli spazi di colore è un pò come era cambiare marca di pellicola: tutte buone ma ognuna con caratteristiche diverse.
Si tratta di fare esperienza e trovare il metodo più adatto alle nostre esigenze, io per ora ne ho proprio poca, e lascio spazio a chi,nel forum, ne sa veramente di più.
Un saluto
Stefano Z.
Lellodem65
Validating
Messaggio: #3
Riporto un passo di una discussione del forum che potrebbe esserti utile:

Gli spazi colore gestiti da Nikon Capture sono standard e scelti tra i più diffusi nati in base a studi fatti da luminari nella materia. Nikon Capture, in pratica, opera in ambienti colore identici a quelli proposti da Photoshop. Personalmente, suggerisco uno spazio colore di lavoro sRGB per lavorazioni da stampare con minilab chimici digitali. Preferibile è invece l'Adobe RGB 1998 per lavorazioni destinate a sptampa tipografica CMYK con separazione fatta da Nikon Capture o da un Photoshop "calibrato" a tale scopo.

Aggiungo che, cambiando lo spazio colore su una foto già scattata (ovviamente RAW), il cambiamento che si ottiene è funzione del tipo di foto che si sta visualizzando; spesso non si vede alcun cambiamento "apprezzabile".

Ciao. ciao.gif
morgan
Messaggio: #4
L'argomento è molto interessante ed anche abbastanza complicato, almeno per me. Negli ultimi anni ho preso parte alla stesura di diversi libri, brochure ed articoli su vari quotidiani e riviste collaborando alla redazione di testi e produzione di immagini. Quest' ultime provenivano da files raw, spazio colore Adobe RGB 1998, poi trasformate in CMYK usando Photoshop. Una volta consegnate ai laboratori tipografici, gli stessi procedevano alla loro selezione e di seguito alla stampa. In quasi tutti i casi ho notato che le immagini riprodotte sui libri erano simili agli originali, ma non come mi aspettavo, e presentavano anche una leggera dominante verde. L'unica volta che sono stato soddisfatto in pieno del lavoro è quando ho consegnato le foto al settimanale “L’Espresso”sotto forma di files RGB e non CMYK. Gradirei sapere qual'è la procedura migliore per trasformare i files RGB in CMYK e fare in modo che anche dopo la stampa le immagini siano uguali agli originali. Molto dipende forse dai tecnici delle tipografie?
Un saluto a tutti. bonk.gif

My photo.net page


domenico marciano
Messaggio: #5
Io e' da un anno che uso la d100 e ho lavorato sempre con il srgb che sembra essere un profilo diciamo"universale".Pero' ho dei file scattati con dorsi digi da 22 mega e il profilo e' adobe rgb.Comunque la stampa che mi arriva sia a me che a qualche mio collega e' molto fedele a quello visualizzato a monitor.Mi premetto in un future prossimo di provare anche l'adobe rgb anche perche' mi sembra che abbia una piu' estesa gamma cromatica. ciao.gif
zalacchia
Messaggio: #6
Quando consegno alla fotolito delle immagini queste sono in RGB con il profilo colore del MIO monitor.
Con qualunque profilo mi arrivi la foto la apro in Ps. e la converto nel profilo colore del mio monitor, la "sistemo" e la consegno al service di stampa (fotolito certificata adobe) e non vi è alcun problema di corrispondenza colore.

Per quanto riguarda l'uso della separazione CMYK la lascio fare a loro se il lavoro richiede un'elevata qualità altrimenti la converto io ma i risultati spesso non sono proprio dei migliori anche se accettabili.
Trasformare un file RGB in CMYK con il semplice comando di Ps. spesso non dà buoni risultati in quanto le lastre prodotte dalla fotolito sono parecchio "magre" di informazioni, specialmente sul canale K.

Per quanto riguarda la fotocamera D100 la conversione in CMYK è efficacemente possibile da file RAW con Nikon Capture e ad elevato livello qualitativo. (personalmente non l'ho ancora potuto verificare).

Un saluto
Stefano Z.
Felix B.
Nikonista
Messaggio: #7
QUOTE (morgan @ Dec 19 2003, 05:17 PM)
L'argomento è molto interessante ed anche abbastanza complicato, almeno per me. Negli ultimi anni ho preso parte alla stesura di diversi libri, brochure ed articoli su vari quotidiani e riviste collaborando alla redazione di testi e produzione di immagini. Quest' ultime provenivano da files raw, spazio colore Adobe RGB 1998, poi trasformate in CMYK usando Photoshop. Una volta consegnate ai laboratori tipografici, gli stessi procedevano alla loro selezione e di seguito alla stampa. In quasi tutti i casi ho notato che le immagini riprodotte sui libri erano simili agli originali, ma non come mi aspettavo, e presentavano anche una leggera dominante verde. L'unica volta che sono stato soddisfatto in pieno del lavoro è quando ho consegnato le foto al settimanale “L’Espresso”sotto forma di files RGB e non CMYK. Gradirei sapere qual'è la procedura migliore per trasformare i files RGB in CMYK e fare in modo che anche dopo la stampa le immagini siano uguali agli originali. Molto dipende forse dai tecnici delle tipografie?
Un saluto a tutti. bonk.gif

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Ciao Morgan,
....non vorrei dire una sciocchezza ma in tutti i casi di dominanti su carta stampata che non sono presenti sugli originali credo che dipenda esclusivamente dalla tipografia.

ciao.gif , Felice
zalacchia
Messaggio: #8
So per certo che il tipografo puo metterci del suo per correggere le dominanti e migliorare il risultato complessivo.
Di conseguenza una disattenzione può provocare delle differenze cromatiche su una piccola parte o su tutto il lavoro.

Stefano Z.
domenico marciano
Messaggio: #9
unsure.gif Io credo che si dovrebbe fare una differenza tra tipografi e fotografi-gli uni lavorano in CMYK gli altri in RGB quindi per me ci sono delle differenze tra le due cose.Io da fotografo lavoro tutto in RGB anche perche' il lab lavora in questo modo e quindi non ho necessita' di convertire i file in CMYK. wink.gif
Giuseppe Maio
Nital
Messaggio: #10
Questo argomento è complesso "solo"

se si cerca di parlare in forma generale dell'insieme mettendo in campo variabili da attribuire a specifiche situazioni e componenti.

L'argomento dovrà dunque essere distinto comprendendo bene cosa sono ed il perchè dell'esistenza di differenti spazi colore, modelli colore, profili monitor, profili di separazione oltre a distinguere bene quali variabili fisiche non risolvibili si trovano sui supporti di visualizzazione e riproduzione in stampa. Se non esistessero le variabili sarebbe davvero semplice ma, purtroppo, sono tante.

Ecco a cosa serve un flusso di lavoro calibrato. Ad aiutarci nell'ottenimento finale di risultati cromatici vicino alle aspettative ma quasi mai allineate alla "realtà" assoluta. Un sistema di gestione colore ci limita dunque le "sorprese" ma non gestire correttamente il flusso calibrato spesso porta ad insoddisfazioni peggiori portate dalla casualità non gestita. La cosa è dunque semplice. Ogni stampante o tecnologia di visualizzazione ha dei colori che non riesce a riprodurre ed allora come si comporta nei confronti di quelle colorazioni inviate ?
Nella migliore delle ipotesi sfalsa la saturazione ma molto spesso vira il colore irriproducibile in uno prossimo matematicamente ma talvolta molto diverso percettivamente. Ed ecco entrare in campo anche le variabili di gestione colore con interpretazione colorimetrica percettiva, saturazione, colorimetrico relativo o assoluto.

La precisione assoluta nella gestione cromatica esiste ma solo in forma virtuale. A computer si potrà infatti descrivere matematimaticamente ogni più fine sfumatura cromatica che resta perfetta solo in forna numerica binaria ma quando questa dovrà passare in una periferica soggetta alle naturali "limitazioni" fisiche... I disegnatori di fumetti o i creatori di filmati in realtà virtuale ben conoscono l'argomento ed allora utilizzano colorazioni ben specifiche esatte per la destinazione di riproduzione attaccata al successivo passaggio di flusso. Il computer inoltre, restando all'interno dei dati binari, potrà lavorare in sintesi addittiva RGB o sottrattiva CMY con gli stessi identici risultati, per lui, cambia "solo" il segno dei numeri.
ATTENZIONE, il CMYK è tutt'altra cosa.

Gli spazi colore nascono dunque come "spazio" fisico rappresentato matematicamente e graficamente su due o tre piani calcolati prendendo in esame il fine di destinazione e non la forma assoluta irraggiungibile. Uno spazio colore impiegato come "ambiente colore" è l'insieme di colorazioni gestite matematicamente dall'applicazione interessata. Più semplicemente i punti di massimo e minimo rosso, verde e blu.

Non si può dunque asserire che esiste uno spazio colore più o meno fedele perchè tutto dipende dalle colorazioni contenute nel file oltre alle colorazioni supportate dalla periferica di visualizzazione o stampa. E' infatti da notare che non saranno visibili differenze di una immagine poco satura se associata a spazi colori diversi. Provate invece ad associare "impropriamente" spazi colori diversi ad una immagine contenente colorazioni sature sui tre colori primari.

La periferica di acquisizione (fotocamera) ha dunque il compito di tenere sotto controllo le sue caratteristiche fisiche (principalmente legate ai filtri RGB e la gamma del sensore) consegnando al flusso di lavoro una descrizione cromatica collimata con lo spazio colore di lavoro "work color space". Ciò è quanto si fa scegliendo uno spazio colore di lavoro sulla fotocamera. Se la qualità della luce resta buona e se non si "pretende" impossibili sensibilità ISO, allora la precisione sarà molto al di sopra di qualunque pellicola.

Quindi si è controllato il flusso da ripresa a computer ma manca ancora la variabile monitor. Ecco che il dispositivo di visualizzazione con specifiche caratteristiche deve essere collimato. Adobe Photoshop, Nikon View, Nikon Capture e tutti i programmi che supportano la gestione colore, richiedono la calibrazione monitor per collimare il più possibile le variazioni tra lo spazio colore di lavoro (è non la natura fotografata in origine) e le caratteristiche fisiche del monitor. Ciò che vediamo non è dunque l'immagine ma l'interpretazione dello spazio colore di lavoro attraverso il profilo monitor. Le modifiche fatte sull'immagine in Photoshop non "toccano" il profilo monitor che resta un "ramo" a se. Se il monitor non è dunque calibrato a dovere rischiamo di cambiare un colore improprio che vediamo ad occhio ma che il file (in quel momento in memoria all'interno dello spazio colore) non aveva !

Lo stesso dunque vale per l'uscita. Il file esce da Photoshop con il profilo di spazio colore di lavoro che deve essere "ripreso" dal computer ricevente e gestito. Gestendo il colore ed associando il profilo di spazio colore si potrà ottenere la stessa cromia su computer diversi a patto che i monitor siano uguali o perlomeno con caratteristiche fisiche e di calibrazione allineate.

Tra i comuni errori da evitare c'è l'assegnazione di uno spazio colore di lavoro uguale al profilo monitor. In altre parole MAI andrà impostato come spazio colore di lavoro il profilo monitor. Ciò costringe le variazioni all'interno delle specifiche caratteristiche del display utilizzato. Validissima soluzione se la destinazione fosse un'altro identico monitor o se si lavora in casa non ipotizzando la fuoriuscita dell'immagine ad altri flussi ma se si guarda lo spazio colore di stampa si comprende che così facendo ci si preclude la possibilità di lavorare su una elevata e talvolta determinante porzione cromatica, lavorando invece su colori che tanto non verranno mai stampati così come li si vede.

La stampa CMYK è invece tutt'altra cosa. Questo modello colore (NON spazio colore) aggiunge il nero per incapacità della stampa ad ottenere un nero dalla somma dei tre Cian, Magenta, Giallo. (Sul computer e monitor in sintesi addittiva è invece possibile). Inoltre la carta si "inzupperebbe" di inchiostro. Ecco che si è introdotto il colore nero di riempimento che agisce per scurire le porzioni nere ma anche le colorazioni scure. L'entità e la curva di nero cambia però in base alla tecnologia di stampa off-set utilizzata oltre che al tipo di pigmenti, alla carta all'umidità... ma questo è tutt'altro mestiere ben preparato da decenni di cultura in arti grafiche.

MAI dunque separare un file in Photoshop senza allineare il profilo di separazione con lo stampatore. Un CMYK non potrà più tornare in RGB come prima. L'inversione è senza ritorno. Il file da consegnare va dunque concordato con il fruitore ed in caso di assenza di accordi bisogna consegnare un RGB descritto in uno spazio colore noto magari Adobe RGB 1998. Oppure, sia l' RGB, sia il CMYK prodotto da Nikon Capture con un profilo di separazione EuroStandar affinato.

Attenzione alle stampe a getto d'inchiostro. Mai lanciare una stampa CMYK perchè la gestione dei colori del dedicato rip software o hardware, è ottimizzato, ovviamente, per ricevere una immagine RGB.

Per avere chiaro l'argomento bisognerà dunque domandarsi cos'è uno spazio colore, cos'è un modello colore, cos'è un profilo monitor, cos'è un profilo di stampa. Quindi gestire il flusso e "godersi" i risultati.

Giuseppe Maio
www.nital.it
File allegati
File Allegato  Spazi_Colore_NC_4.pdf ( 183.9k ) Numero di download: 619
 
zalacchia
Messaggio: #11
Ringrazio l'Ing. Maio per le sue precisazioni.

In effetti è da considerarsi sbagliato impostare come spazio colore di lavoro il profilo monitor, anche se a me dà ottimi risultati, forse perchè il mio monitor un Philips Brillance 109P è stato calibrato tramite apparecchiatura apposita dallo stesso tecnico della fotolito per poter ottenere la migliore compatibilità, o forse è una pura casualità!?
A conferma di ciò ottengo ottimi risultati con la fotolito, ma quando faccio stampare lo stesso file dal fotolab, questo mi restituice le stampe con una dominante leggermente più calda (ho lo stesso risultato con diversi fotolab).

Buone Feste
Stefano Z.
simlet
Messaggio: #12
Io ci sto' diventando pazzo, sono vicinissimo,mi rimane pero' una sostanziale differenza nei particolari di colore rosso sul monitor bello acceso ,anche troppo, in stampa piu' smorto probabilmente piu' reale.
Non posso aumentare il rosso,dato che il resto della scena e' ok.
Prove con monitor hyundai 19" image quest p910+ profilo srgb.
Pesante
Messaggio: #13
Riguardo agli spazi colore delle stampanti DIGITALI di ultima generazione (Laser, ledprinter) il gamut di queste periferiche, nonostante abbiano fatto passi da gigante (in termini di ampiezza di gamut), sono sostanzialmente lontani dagli spazi colore disponibili al momento dello scatto (sRGB o Adobe RGB). NON VI E' ALTRA SOLUZIONE che "convertire" lo spazio colore nativo in quello di destinazione per non fare l'errore di "interpetrare" i colori d'origine con il "criterio" dello spazio colore della stampante digitale...... il risultato in caso contrario sarà pessimo ed in generale "affetto" da un mancanza generale di vero colore.
Michele Pesante
Utente cancellato
DEREGISTRATO
Messaggio: #14
Rispondo anche qui con le stesse considerazioni svolte in un post analogo: per quanto mi risulta il sistema di stampa da digitale (credo) più diffuso almeno a livello consumer, cioè il Fujifilm Frontier, utilizza uno spazio colore sRGB (che c'entra poco o niente con quello della nostra visualizzazione a monitor). L'ideale sarebbe ottenere il profilo del Frontier (o Noritsu, o Kodak o Agfa) che si intende utilizzare e fare un soft-proofing in Photoshop, convertendo e assegnando alla fine al profilo Fujifilm (che, ripeto, è un sRGB). Me ne sono procurato uno l'anno scorso, se interessa a qualcuno glielo posso inviare.
ciao
zalacchia
Messaggio: #15
Grazie Antonio, ti ho risposto anch'io sull'altro post.

Casomai, prima parlo con il fotolab e se proprio non riesco a farmi dare il suo profilo proverò il tuo e lo confronto con quello che ho.
Ti farò sapere.

Grazie ancora ciao.gif
Stefano Z.
simlet
Messaggio: #16
QUOTE (Antonio C. @ Dec 29 2003, 01:52 AM)
Rispondo anche qui con le stesse considerazioni svolte in un post analogo: per quanto mi risulta il sistema di stampa da digitale (credo) più diffuso almeno a livello consumer, cioè il Fujifilm Frontier, utilizza uno spazio colore sRGB (che c'entra poco o niente con quello della nostra visualizzazione a monitor). L'ideale sarebbe ottenere il profilo del Frontier (o Noritsu, o Kodak o Agfa) che si intende utilizzare e fare un soft-proofing in Photoshop, convertendo e assegnando alla fine al profilo Fujifilm (che, ripeto, è un sRGB). Me ne sono procurato uno l'anno scorso, se interessa a qualcuno glielo posso inviare.
ciao

Interessante il fatto che ci pui inviare il profilo ma non so cosa e' il soft proofing.
scusate l'ignoranza.
Pesante
Messaggio: #17
Ti posso assicurare, con cognizione di causa, che il Fuji Frontier, non utilizza uno spazio colore sRGB (al massimo è una periferica che adotta un "metodo di colore" RGB, anzichè CMYK, LAB o altro). Se così fosse non ci sarebbe nessun problema di "gamut" stampando i file di macchine digitali che utilizzano lo stesso profilo colore sRGB.
Il fatto di ottenere dal proprio fotolaboratorio il fantomatico "profilo colore" è cosa buona giusta!!!!! Assicurarsi però:
- che sappiano cos'è un profilo colore (il profilo colore è un file con estensione .icc e non un foglio di carta fotografico con su' una scala colori pergiunta stampata utilizzando le varie tonalità dello spazio "CMYK"!!!!!! ...... scusate la nota polemica.
- assicurarsi che il profilo colore che vi viene fornito sia realmente "di riferimento"; in pratica il profilo colore descrive il gamut di "quella data periferica (vedi Frontier, Laserlab, ecc..)" utilizzando quella "data emulsione" (vedi: Kodak Ultra Endura, Digital III, Portra Endura, PX 3063, Fuji Cristal Archive, ecc.....) e utilizzando quella "data chimica" con le specifiche di riferimento riguardo allo sviluppo e a tutte le altre fasi di trattamento chimico-fotografico. In sintesi la gestione del colore è cosa alquanto semplice quando si stabiliscono delle "costanti", quando queste costanti diventano "variabili" la cosa non solo si complica ma è praticamente inutile parlare di "profilo colore".
Spero di essere stato d'aiuto e di non avervi complicato ulteriormente la vita.
Michele Pesante
Fabio Blanco
Messaggio: #18
Michele, la tua PROFESSIONALE ESPERIENZA è sempre illuminante biggrin.gif anche se qui ti fai vedere (pardon leggere) pochino. sad.gif
In effetti non avevo pensato, nelle mie scorribande mentali, che il risultato di gamut poteva essere influenzato oltre che dall'emulsione anche dalla chimica.
Penso che non resti altro che continuare a girovagare tra i laboratori di stampa sino a trovare quello che riproduce più fedelmente I COLORI CHE ABBIAMO IN MENTE.
zalacchia
Messaggio: #19
Bene, anzi male bonk.gif
Ricomincio da capo, anzi no, mi arrendo sad.gif .......
.....fino a domani biggrin.gif

Ciao
Stefano Z.
Utente cancellato
DEREGISTRATO
Messaggio: #20
Mmmmm,

la risposta di Michele mi ha fatto riprendere in mano la faccenda, e il risultato e' stato abbastanza sconcertante. Proclamo a voce altissima che mi sbagliavo: NON E' UN sRGB, RIPETO, NON E' UN sRGB!!! Questo mette in dubbio un paio d'anni di certezze dry.gif .
Tutto il resto è vero, in particolare il fatto che la strada migliore è quella di profilare la singola combinazione macchina/chimici/carta, perchè i risultati variano davvero da caso a caso. E naturalmente, convertire l'immagine a questo profilo dopo il softproofing (per questo finora mi è andata bene...).
La cosa che più mi ha stupito è stata il verificare QUANTO lo spazio colore del sistema in questione sia ridotto rispetto all'RGB 98 e all'sRGB (a metà pagina, http://www.drycreekphoto.com/Learn/additio..._questions.htm). Pazzesco, davvero l'unica è affidarsi al profilo giusto... e comincio a domandarmi quanto possano davvero essere utili quelli generici normalmente disponibili.

ciao!
zalacchia
Messaggio: #21
Hoooppsss....non sarà per colpa mia che sei ancora sveglio?
blink.gif

hehehe vi ho fatto passare il sonno....

Stefano Z.
Utente cancellato
DEREGISTRATO
Messaggio: #22
Mah, Stefano,

il fatto è che a scrivere a quest'ora e con il tasso alcolico ancora fuori dai limiti di legge si rischia di scrivere delle gran boiate wink.gif e poi accorgersene...
Meno male che ci sono persone astemie... biggrin.gif
ciao!
Felix B.
Nikonista
Messaggio: #23
L'argomento m'interessa moltissimo e spero che tutti insieme riusciremo ad approdare a qualcosa di positivo e di certo.
Forse a qualcuno potrebbe interessare l'estensione.ICC.

Fiducioso di aver dato, seppur piccolissimo, il mio apporto vi saluto.

ciao.gif , Felice
Felix B.
Nikonista
Messaggio: #24

La ringrazio vivamente.

I miei piu cordiali saluti e buon proseguimento a tutti.

ciao.gif , Felice
Pesante
Messaggio: #25
Con piacere (e dispiacere) vedo che la cosa risulta essere interessante.....
La mia, purtroppo, assenza è dovuta indovinate, indovinate....... al fatto che ho messo in piedi un "LABORATORIO DI STAMPA DIGITALE"...... mi mancava solo quello. Vi assicuro che i profili "messi in commercio", come qualcuno ha detto prima non sono "inaffidabili", visto che vengono "messi in commercio" da marchi tipo Kodak (..... 14n a parte a una sua credibilità al riguardo), Fuji, Agfa, ecc... la difficoltà, anzi mi correggo, la forse poca attenzione dei fotolaboratori, e di fare in modo che questi profili abbiano un senso..... cercherò di essere più chiaro: un profilo descrive un dato gamut che abbiamo detto ottenibilie da una "certa" stampante in abbinata ad una "taluna" carta fotografica assicurandosi che la chimica stia "al punto giusto". Vi confondo ancora di più le idee.... pensate che la carta, anche se della stessa ditta e dello stesso tipo possa riprodurre lo stesso gamut tra una bobina e l'altra, magari una fatta a Canicatti e l'altra a Kabul???? una fatta d'inverno ed una d'estate???? una macchina di stampa con laser "belli freschi" ed una un po' più "stanca" di scrivere "pixel"????? Ricordate che tutto ciò che è analogico (quindi carta, luce del laser, chimico, ecc....) non è riproducibile al 100%. Quindi, restando in alcune tolleranze (per questo ci si affida a marchi con una certa credibilità alle spalle), l'unica soluzione resta quella di "CALIBRARE" la carta che con quella data stampante e con quella taluna chimica riesca a "riprodurre" il gamut descitto dal nostro caro profilo colore...... secondo voi in che maniera possiamo "CALIBRARE" il tutto???? Se la carta è quella e non possiamo cambiarla (potremo solo buttare tonnellate di bobine cercando quella giusta), la chimica, ormai e fatta e a meno che non sia inquinata o fatta male, qualche piccola discrepanza dall'ideale ci sarà sempre (perchè anch'essa analogica)....... l'unico modo è quello di misurare (con densidometro e altro) ciò che la macchina riesce a riprodurre (quindi il gamut reale) e con correzzioni (stavolta digitali quindi numeriche) far "comportare" in maniera diversa i nostri "scrittori di pixel) che questi siano laser, led, ugelli, passeri o altro.
Saluto tutti e approfitto per augurarvi un felice anno nuovo.
Michele Pesante.
 
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