Camilla Morandi

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Lo spettacolo in istantanea

Io non credo molto alla foto di studio, di ricerca. Raramente si riesce a fare qualcosa di innovativo. Gli artisti, come in ogni campo, sono pochi. A me è sempre piaciuto stare dove succedono le cose, ma guardarle dal di fuori. In fondo, i fotografi sono testimoni degli eventi, non i protagonisti. Dovendo scegliere tra l'essere una fotografa di studio o di attualità, ho scelto questa seconda via.

Quando è possibile preferisco lavorare con la luce naturale, a luce ambiente, con la luce del giorno. Il valore dell'istantanea, anche in un ritratto, per me è maggiore. Perché tira fuori la vera personalità del soggetto, un'espressione di sorpresa, uno sguardo di lato. Io fotografo spesso degli attori. Nell'industria cinematografica c'è un controllo totale dell'immagine, perché il cinema, Hollywood, è un'industria, e quindi l'attore, anche se è un artista, è un prodotto commerciale. A me, invece, non piace il grande controllo dell'immagine. Mi piace poter qualche volta cogliere la persona, trovare il viso, i suoi occhi.

Cosa significa fotografare personaggi? In genere riesco a stabilire con loro un rapporto di fiducia, si fidano di me. Ho fatto lingue all'università, il fatto di parlare bene l'inglese mi aiuta. Non vado a caccia del personaggio, lo fotografo quando ce l'ho di fronte nelle situazioni ufficiali, le cosiddette "photocall",o sui set; quando riesco a stabilire un buon contatto, a volte realizzo dei ritratti.

Lavorare in questo modo comporta una grande fatica fisica e mentale. Soprattutto dopo l'avvento del digitale, che ci permette e costringe a essere presente in tempo reale nei siti internet e nei desk delle redazioni. Di conseguenza ti capita spesso di fare il fotografo e anche il tecnico di trasmissione delle immagini.

La prima agenzia dove ho lavorato è stata la Team con Franco Lefévre, per tre anni; poi per due anni sono stata alla Lucky Star per poi passare stabimente all'Agf dal 1991. Lavorare per un'agenzia significa avere la responsabilità di un settore, coprire degli avvenimenti. Io mi occupo di spettacolo, di tv in particolare, dei principali festival cinematografici, di Sanremo.

A volte, dopo tanti anni, avverto la ripetitività del mio lavoro, che è poi in fondo di tutti i lavori anche i più creativi. Una decina di anni fa, quando hanno chiuso giornali come Epoca e L'Europeo, c'è stata nel settore una svolta in negativo, un livellamento verso il basso. Per molto tempo la qualità ha perso valore a favore della velocità e del costo più basso sul mercato. Passato questo momento di smarrimento, nella responsabilità dell'impegno con la mia agenzia e le persone con cui lavoro cerco costantemente l'energia e l'entusiasmo per far bene il mio lavoro. È un impegno pazzesco, è una ruota che gira e che fai girare. Non so come sarà il futuro di questo lavoro, l'evoluzione tecnica è stata enorme nel giro di pochi anni. Ma speriamo di esserci ancora.

 

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Camilla Morandi Patrizia Savarese

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