Inviati

A cura di:

Paesaggi di vento
Claudio Testa

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© Claudio Testa

Quando passo in agenzia a ritirare il biglietto per l'aereo che mi deve portare lontano dalla mia città per un periodo più o meno lungo, tra paesaggi e genti con stili di vita diversissimi dai nostri, mi chiedo sempre se viaggiare in un mondo martoriato da guerre, diseguaglianze, ingiustizie, sopraffazioni ha ancora un senso. La risposta me la da Padre Alex Zanotelli quando dice "si potrà parlare di turismo responsabile quando andremo all'altro con la capacità di metterci umilmente al suo ascolto, per uno scambio"; più o meno la stessa cosa dice Pino Cacucci in Camminando bellissima raccolta di racconti "Si possono percorrere milioni di chilometri in una sola vita, senza mai scalfire la superficie dei luoghi né imparare nulla dalle genti appena sfiorate". Allora mi convinco che viaggiare ha ancora un senso.

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Viaggiare è rispettare culture diverse dalla nostra, gli ambienti, i paesaggi, le città che attraversiamo. Viaggiare è mettersi in discussione, è scoprire noi stessi imparando cose nuove. Molti confondono il viaggio con la vacanza, pensano che viaggiare significhi andare lontani da casa, percorrono migliaia di chilometri, passano giornate in riva al mare, continuano a parlare e ad ascoltare la propria lingua, tornano e spesso non sanno dire nemmeno dove sono stati. Mi è capitato di parlare con persone che tornando da Sharm non sapevano di essere state nel Mar Rosso. Certa gente compra un viaggio come fosse un telefono cellulare. Un viaggio non si compra, non è un oggetto, nasce dentro di noi, si può fare anche nei luoghi del nostro quotidiano, basta essere predisposti a conoscere cose nuove, non serve andare lontano.

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I miei viaggi iniziano in libreria, mi piace sfogliare i libri guardare le foto, viaggiare con la fantasia, con il racconto degli altri. Ci sono libri che raccontano viaggi, altri storie ambientate in luoghi che fanno vivere i miei sogni di viaggiatore, insomma il viaggio inizia sui libri, un viaggio mentale che precede quello fisico. Parto quando sento il bisogno di andare, quando le parole raccolte dai libri iniziano a fare effetto. Una volta sul posto metto via le impressioni e le soggettività altrui, cerco di dimenticare i libri, per riprenderli a tempo debito, al ritorno, con le diapositive sparse ovunque per casa, e i ricordi che spalancano finestre nella mente, allora rileggo quegli autori e rivedo i paesaggi in cui vive la gente che ho incontrato, riaffiorano ricordi, sensazioni.

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Sono andato in Patagonia dopo aver letto Sepulveda, Coloane, Soriano, seguendo un itinerario variabile, basato su razionalità ed improvvisazione, perché il viaggio è costituito da due punti: uno in cui si arriva e da cui si parte ed un altro da cui si ritorna a casa, in mezzo ci sono passaggi obbligati, luoghi e situazioni da non perdere, sta a noi trovare la strada giusta. Spesso alla bellezza del paesaggio corrisponde il disagio della popolazione che da generazioni vive in quei luoghi conservandoli intatti, come dicevano Ernesto e Alberto, due grandi viaggiatori che con una scassatissima Norton 500 negli anni '50 percorsero molti chilometri in America Latina, c'è sempre il rovescio della medaglia.

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In Patagonia ho incontrato la solitudine liberamente scelta come nel caso della giovane veterinaria conosciuta in una cafeteria ai margini di una polverosa strada persa nelle prateria, una bella ragazza che ha scelto di vivere spostandosi tra le estancias per curare animali e persone, perché "il medico degli animali qui arriva sempre prima del medico degli uomini"; ma anche la solitudine della gente costretta a vivere in situazioni estreme, come i gauchos o la stanchezza dei minatori di Rio Turbio, l'ossessione di un ragazzo argentino convinto di essere un "irregolare" figlio di desaparecidos, la gioia di vivere di una famiglia cilena che si mette al centro del mondo ospitando per pochi soldi viajeros solitari come me. Fantastica la gente che vive in fondo al mondo. La Patagonia per me è stata libertà, natura, vento: paesaggio di vento.

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Note tecniche
Ho portato due fotocamere Nikon, una FM con un fantastico e rilassante 50/1,4 ed una F100 con 24-120 e 70-300 ED un flash sb28 che non ho mai usato. Ho utilizzato pellicole diapositive Kodak di vario tipo e Fuji Velvia che poi ho digitalizzato con uno scanner Nikon LS30.

Chi sono
Sono nato tra Umbria e Toscana, vivo a Roma, fotografo per passione e necessità.

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