Maestri

Una vita da fotoreporter

Mario Dondero

Fino al 22 marzo Mario Dondero, classe 1928, tra i più grandi fotoreporter italiani di fama internazionale, si racconta attraverso circa 250 fotografie esposte a Roma nelle Grandi Aule delle Terme di Diocleziano (le più estese del mondo antico, sede storica del Museo Nazionale Romano). La mostra, promossa da Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma con Electa, è un primo compendio di una vita da fotoreporter come la intende Dondero. «Fotografo e fotoreporter sono due termini che definiscono un modo di fare fotografia opposto» dice Dondero, che lavorando con i quotidiani e i periodici ha voluto raggiungere «la gente comune e colloquiare con il mondo», lui che avrebbe fatto il giornalista se non fosse «incappato nella fotografia. Il modo per andare oltre la parola». Circa 150 gli scatti scelti tra quelli che hanno segnato il suo percorso professionale, conosciuto soprattutto per i lavori in bianco e nero che definisce il «colore della verità». A queste istantanee si aggiungono eccezionali fotografie a colori, per la maggior parte inedite.
 


Prodezza equilibristica del celebre clown Oleg Popov del Circo di Mosca durante uno spettacolo, Parigi, 1982 © Mario Dondero

Il percorso comincia con una serie di immagini che spiegano "La nascita di una vocazione", dettata innanzi tutto dall'ammirazione per i lavori di Robert Capa. Al grande fotografo dell'Agenzia Magnum Dondero rende omaggio in mostra con una sua fotografia di quella collina, in Spagna, dove Capa scattò la famosa foto del miliziano morente nella guerra civile: un pellegrinaggio, quello di Mario Dondero, inteso ad "alimentare la memoria". Si prosegue con i primi anni a Milano e quelli di Parigi, dove Dondero si trasferì nel '54. È di questo suo primo soggiorno parigino la celebre foto del Nouveau Roman, in cui immortalava tutti gli intellettuali del gruppo ancor prima che fossero consapevoli di aver creato una nuova forma di scrittura.
 


Parigi, clochard nel metro, 1963 © Mario Dondero

Scrive Dondero a proposito della "nascita di una vocazione": «Se devo pensare a chi può avermi ispirato nel mio mestiere, il primo che mi viene in mente è Robert Capa, per il suo carattere e la sua umanità. È riuscito a fotografare con grande pietas i giovanissimi prigionieri tedeschi nel ‘45. Endre Ernő Friedmann (il suo vero nome), era ebreo e aveva fotografato con il cuore in tumulto il genocidio della Shoah. Ho avuto modo, nel corso degli anni, di conoscere molte persone dell'entourage di Capa. Il mio amico Joris Ivens, che si trovò con lui in guerra, in Spagna e Cina. E Simon Guttmann, che ebbe il merito di scoprire nel giovane fuggito dall'Ungheria nel ‘32, assunto come fattorino nella sua agenzia fotografica (la Dephot, a Berlino), un grande talento. Guttmann (conosciuto a Londra, nella cantina di Romano Cagnoni), si trovò senza fotografi da inviare in Danimarca per l'arrivo di Trotsky e mandò il giovane Endre. Lui scattò foto storiche.
 


Liberté, Egalité, Fraternité: una manifestazione a Parigi, 2011 © Mario Dondero

Storico fu anche lo scatto del 5 settembre 1936 a Cerro Muriano, nella guerra di Spagna. La fotografia, a lungo considerata una ricostruzione abusiva, narra invece un evento del tutto autentico. Grazie a Ricardo Baño, un insegnante di Alcoy, e a Mario Brotons Jorda, testimone dell'evento, si è potuto identificare in Federico Borrell García il giovane ucciso quel giorno. Capa stesso ha spiegato in quali circostanze. Nel 1947 raccontò in un'intervista alla WNBC (ora on-line, grazie all'International Center of Photography di New York) come colse quell'immagine per caso. Era in trincea, con dei miliziani che si susseguivano negli assalti a una mitragliatrice franchista. In uno degli assalti, lui aveva semplicemente sollevato il braccio dalla trincea, scattando alla cieca, per lo straordinario risultato che sappiamo. Ho iniziato il mio percorso da reporter seguendo il suo esempio. Non ci sono molte fotografie di allora, perché la maggior parte era negli archivi scomparsi dei giornali per cui lavoravo. Ci sono le foto del Portogallo, dell'Italia e della Francia prima del benessere, prima della società dei consumi. La prima fase del mio lavoro si conclude con la fine del mio primo soggiorno in Francia e la foto del Nouveau Roman, fatta a Parigi il 16 ottobre del 1959».
 


Francis Bacon, narratore tragico della condizione umana, fotografato nel suo studio, universalmente conosciuto per l’estremo disordine. Londra, 1961 © Mario Dondero

Nella sezione "La passione per la politica e la storia" vi sono gli anni in cui si definisce la personalità e l'opera di Mario Dondero come è oggi riconosciuto: colui che, sempre con la medesima sincerità, raccontava la guerra algero-marocchina o il processo Panagoulis, e allo stesso tempo incontrava intellettuali e artisti che lasceranno il segno, uno tra tutti Francis Bacon ritratto nel '61 a Londra. Molte le immagini dell'Italia degli anni Sessanta e della Francia dagli anni Settanta ai Novanta. Racconta Dondero a proposito della "passione 
per la politica e la storia": «La politica è stata, con la cultura, l'interesse centrale della mia vita di reporter. Ho cercato di essere il cronista che documenta le variazioni che si producono in seno alla società. Negli anni sessanta ho fotografato molto l'Italia delle campagne, con un'attenzione particolare per la scuola degli umili maestri. In quegli anni i bimbi delle scuole elementari facevano i professori dei loro genitori analfabeti. Ho anche fotografato la politica del mondo rurale, in particolare nell'"Emilia rossa". Fu anche una bellissima esperienza realizzare, con il regista Giorgio Pelloni, e Anders Ehnmark un documentario, Comunisti, per la televisione svedese.
 


Il mondo di Piero della Francesca, contadino della regione di Sansepolcro, 2002 © Mario Dondero

Da Parigi, dove mi trasferii verso la metà degli anni cinquanta, sono spesso partito per realizzare reportage in diversi paesi, soprattutto mediterranei. Nel '63 seguii il conflitto algero-marocchino. Per la prima volta mi trovavo su un fronte di guerra. In seguito ho fotografato altre guerre, senza mai diventare quello che si chiama un fotografo di guerra, anche perché della guerra ho cercato soprattutto di documentare l'assurdità, gli aspetti invisibili, le nefandezze nelle retrovie, la condizione disperata dei prigionieri. Poi c'è stato il '68. A Parigi sembrava tornata la Grande Rivoluzione. Liberté, Egalité, Fraternité. La Sorbonne occupata e la Renault in sciopero furono i grandi teatri della politica.
 


La Sorbona occupata: all’esterno la polizia attende oltre i cancelli, Parigi, maggio 1968 © Mario Dondero

Ma non fotografai soltanto la Francia. Mi recai anche a Praga, quando la Cecoslovacchia visse quello straordinario momento, in cui si distinsero Dubcˇek e Smrkovský, in cui si unirono il comunismo e la libertà. Di quell'anno vissi anche il processo Panagulis, che aveva compiuto un attentato contro i colonnelli golpisti, fotografando clandestinamente, nel tribunale speciale, il suo processo. Nello stesso periodo seguii anche, nell'Ulster, il conflitto tra cattolici e orangisti. Non fotografai soltanto rivoluzione e altri grandi eventi politici. Continuai a fotografare la vita ordinaria degli abitanti dell'Europa, il lavoro nelle grandi fabbriche e, soprattutto a Parigi, la strada, il grande teatro della vita».
 


I tre amici, Limira, Turchia, 1976 © Mario Dondero

La Francia di quegli anni è paese crocevia di mondi e ponte con la cultura africana in particolare. Un continente, l'Africa, ricorrente nei lavori di Dondero e presentato nella sezione "Verso il mondo". Al suo obiettivo non sono sfuggiti i fermenti sociali e i venti di guerra a Cuba, in Brasile, in Cambogia, nei paesi africani e arabi, ma neanche il fascino di paesaggi e personaggi straordinari. A proposito della sezione "Verso il mondo" scrive Dondero: «Fin dalla prima giovinezza ho desiderato viaggiare, conoscere il mondo. Forse perché ho origini genovesi, ho sognato anche di diventare marinaio. Al momento di iscrivermi all'Istituto Nautico mi ammalai, così mi ritrovai sui banchi del Ginnasio "Berchet" a Milano. Non diventai marinaio, ma giornalista. Il mestiere di reporter fotografo mi ha dato l'opportunità di viaggiare molto, e non soltanto in Europa. Ma non ho amato il viaggio come evasione, ma come opportunità per conoscere la condizione umana, le tragedie epocali.
 


La Regina Sibeth della tribù dei Flups, popolo originario della Guinea-Bissau, rifugiatosi in Senegal a causa della guerra,
nei pressi di Ziguinchor (Casamance), 1970 © Mario Dondero

Ho visitato Auschwitz e Mauthausen e molti altri campi o quel che ne resta; ho incontrato i profughi della Cambogia, i palestinesi con le case distrutte dai bombardamenti israeliani. Ho fatto diversi soggiorni in Africa, ho attraversato più volte il deserto del Sahara e ho fotografato, fra le ultime guerre coloniali, il conflitto in Guinea-Bissau tra gli irredentisti africani e i colonialisti portoghesi, assistendo, fortunatamente da lontano, a un terrificante bombardamento al napalm, avvenuto mentre seguivo nella savana i guerriglieri guineani.
 


Gorbaciov e Reagan al summit di Ginevra, 1985 © Mario Dondero

Oltre ai conflitti, ho documentato grandi avvenimenti politici internazionali, come il summit di Ginevra con Gorbaciov e Reagan e alcune conferenze dei non allineati, quella di Belgrado nel 1961 e quella di Algeri del 1973, in cui fotografai grandi capi di stato, fra cui Fidel Castro e il Negus. Ho seguito diverse sessioni del Tribunale Russell in varie città europee, particolarmente a Stoccolma e a Parigi, che riguardavano i crimini commessi in Vietnam, in Cile, in Afghanistan. Nei paesi dove sono stato mi sono sempre soffermato a fotografare la vita. I padri che tengono in braccio i figli, i pastori, i contadini con le loro zappe, gli operai. La vita che scorre per tutti. Che è un bene insostituibile per tutti».
 


Paternità, Dakar (Senegal), 1970 © Mario Dondero

L'ultima sezione della rassegna, intitolata "La grande svolta", conferma la passione "per il racconto sincero delle situazioni", come ama dire, con i reportage sulla caduta del muro di Berlino, la Russia di Putin e l'Afghanistan senza pace. Sulla "grande svolta" racconta Dondero: «il crollo del Muro di Berlino ha spezzato l'equilibrio del mondo diviso in blocchi. Non potevo mancare di seguire questo capitale evento. Nell'ottobre dell'89 ho trascorso un breve periodo nella Germania dell'Est, per cogliere il clima che vi regnava, prima che il muro cadesse. Seguii in particolare le assemblee dei cittadini, inquieti per la grande mutazione che si preparava, per il destino che li attendeva. Ho seguito da vicino la caduta del Muro, anche fotografando, dal tetto del Reichstag, Berlino Est con le sue finestre murate, la grande folla di Berlino occidentale, raccolta sotto il muro in attesa del grande evento e ho guardato con l'animo diviso la caduta del Muro. L'aria di festa ambigua che regnava dalla parte occidentale, il massiccio esodo, un'andata e ritorno durata due giorni, dei cittadini dell'Est, curiosi di vedere il "Paradiso" dell'Ovest, con il sussidio di cento marchi offerto dal municipio di Berlino occidentale.
 


Un'’insolita conversazione fra cittadini: la giovane mamma che vive all’Ovest e il soldato guardia di frontiera
della Repubblica Democratica Tedesca, Berlino, 1989 © Mario Dondero

Ho fotografato, in varie epoche, diversi paesi comunisti, molto differenti l'uno dall'altro. Dalla Cuba di Fidel Castro alla Bulgaria le diversità erano molto grandi. Nel 2007 ho fatto un lungo viaggio nella ex Unione Sovietica con Astrit Dakli, per realizzare un libro per "il manifesto" che è stato poi chiamato I rifugi di Lenin. Abbiamo percorso in lungo e in largo il paese, per quarantacinque giorni, con tutti i possibili mezzi di trasporto. Abbiamo molto viaggiato nella Transiberiana, giungendo fino ai confini con la Cina. Una straordinaria esperienza.
 


Durante le manovre della Legione Straniera nel deserto a Gibuti, 1998 © Mario Dondero

Un altro viaggio importante è stato quello in Afghanistan, a Kabul e nel Panjshir, negli ospedali di Emergency. Anche questa un'esperienza per molti versi traumatica, per lo spreco di esseri umani che da molti anni si compie in Afghanistan. Questo viaggio, compiuto con Valentino Parlato, è stato una grande lezione. Mi hanno molto colpito la grande dignità del popolo afghano e il coraggio e la dedizione del personale di Emergency, che in una situazione di grandi rischi, compie uno straordinario lavoro. La Storia continua, va avanti, con il suo orrore e la sua bellezza. Per tutti gli uomini e le donne della terra».
 


Accettura (Lucania), Festa del Maggio. L’uomo che voleva raggiungere la luna, 1994 © Mario Dondero

In tutto il percorso espositivo si riconoscono artisti, personaggi politici, giornalisti, attori che hanno saputo incontrare l'uomo oltre l'obiettivo del fotoreporter. Come dimostra il volume che accompagna la mostra (edito da Electa che per l'occasione lancia una nuova collana dedicata alla fotografia intitolata Electaphoto), che oltre a pubblicare le foto esposte, riunisce numerose e inedite testimonianze di intellettuali, giornalisti, politici, colleghi che hanno conosciuto, apprezzato e stimato il lavoro e la personalità di Mario Dondero, che, in un video in mostra, racconta la sua storia professionale.
 


Pier Paolo Pasolini durante le riprese per Comizio d’amore sulla spiaggia di Viareggio, 1965 © Mario Dondero

Nel preziosissimo libro (a cura di Nunzio Giustozzi e Laura Strappa, pp. 320, 432 fotografie a colori e in bianco e nero, euro 35) dopo una nutrita serie di saggi iniziali che circostanziano la figura di Dondero all'interno del fotogiornalismo 
italiano ed europeo, in quattro sezioni vengono narrate a parole e per immagini le sue storie, cronologicamente e geograficamente, che ci aiutano a ricostruire dal suo punto di vista eventi
 politici, sociali, culturali del secolo "lungo", a riconoscere in ritratto in egual modo celebrità e gente comune nell'epopea del quotidiano. Le sue più famose fotografie in nero e una discreta quantità di
 scatti a colore inediti, insieme alle sentite testimonianze di chi l'ha conosciuto e amato, aiutano a comporre così il libro della vita.
 La qualità e la ricchezza dei contributi delle più autorevoli firme del giornalismo e della cultura e la vasta, accurata selezione delle fotografie, che testimoniano oltre sessanta anni di attività, rendono il 
volume il primo catalogo esauriente della straordinaria opera dell'autore.
 


Vittorio Gassman con la maschera di Amleto, Viareggio, 1963 © Mario Dondero

 

Chi è

Mario Dondero (Milano 1928) negli anni cinquanta frequenta il famoso Bar Jamaica, dove si incontrano intellettuali, artisti e fotografi. Assunto come cronista a “Milano Sera” diventa inviato del
settimanale “Le Ore”, rivista d’avanguardia per il rilievo che dà alle fotografie e decide di diventare fotoreporter. Si trasferisce a Parigi nel 1954 e vi rimarrà fino al 1999, con lunghi soggiorni anche a
Londra e a Roma, collaborando con la migliore stampa europea. Fotografa vari conflitti e molte conferenze internazionali, realizzando reportage che mostrano il suo impegno politico e sociale. Da
Fermo, nelle Marche, continua a girare il mondo e a ritrarre gli uomini e la loro storia, per giornali, riviste e associazioni umanitarie come Emergency. Ha esposto le sue fotografie in numerose mostre
personali e collettive in Italia e all’estero.


Mario Dondero ritratto da Elisa Dondero

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