NOVANTA SENZA PAURA

 

Fondatore e Direttore
Editoriale di Fotocult



Nikon ha novant'anni. I passi principali della sua storia coincidono spesso con quelli della fotografia dell'ultimo secolo. La ripercorriamo in modo volutamente informale, parlando con le persone che in Italia hanno fatto la fortuna del marchio giapponese e con quelle che oggi ne tengono alto il nome.
Emanuele Costanzo e Lucio V. Mandarini

Come nasce Nikon? A cosa deve il suo successo? E perché in Italia è tanto affermata? E poi, come ha affrontato le rivoluzioni tecnologiche? E cosa possiamo aspettarci dalla Casa che nei decenni è divenuta sinonimo di qualità e affidabilità? Lo abbiamo chiesto a quattro tra i più rappresentativi protagonisti dell'avventura Nikon nel nostro Paese.

Dall'inizio
Iacopo Ferri, romano, classe 1934, più di ogni altro e più da vicino ha seguito le vicende di Nikon in Italia. Ha chiuso qualche anno fa la sua carriera in Nital, l'attuale importatore Nikon, come Direttore Commerciale. Ma è degli inizi che
gli chiediamo di parlare.

Nikon ha novant'anni, ma a meno di non aver fatto un patto con il diavolo, lei non sembra avere l'età per averla vista nascere…
In effetti sono un po' più giovane… Tutto cominciò nel 1917, quando dalla fusione di tre dei più importanti produttori di materiale ottico nacque la Nippon Kogaku.
Ma la vera storia di Nikon inizia durante la II Guerra Mondiale quando, grazie all'asse Berlino-Tokyo, ci fu un forte scambio di conoscenze tecniche e industriali tra Germania e Giappone che portò quest'ultimo a colmare il divario che lo separava dalla Germania. Non a caso le prime fotocamere a telemetro giapponesi somigliavano a quelle delle alleate europee.
Effettivamente la Nikon del 1948 aveva un non so che di già visto… Ma era pur sempre un inizio!
Proprio così: Nikon fu scoperta dagli americani durante la guerra di Corea, quando i soldati USA che riposavano a Tokyo conobbero le sue macchine a telemetro. Il grande merito dei giapponesi, però, fu quello di credere fermamente nella reflex.
I tedeschi non ci credevano perché, a loro dire, non avrebbero mai prodotto immagini con la nitidezza delle macchine a telemetro.
Immagino per una questione di qualità ottica: la presenza dello specchio avrebbe obbligato a riprogettare gli obiettivi, soprattutto i grandangolari, e i retrofocus non erano che al loro inizio…
Soprattutto si riteneva che il ribaltamento dello specchio avrebbe provocato vibrazioni visibili nell'immagine. Lo sprint di Nikon – e anche di Canon – fu irrecuperabile.
La Nikon F infatti, la prima reflex di Nikon lanciata nel 1959, era piccola, maneggevole, versatile e così robusta da cadere dagli elicotteri senza rompersi. La prima reflex di Leica invece era grossa, scomoda...
 


1995 - Jacopo Ferri, ex Direttore Commerciale Nital,
con Aldo Winkler, CEO NItal

 

Quindi anche Canon iniziò in quel periodo a “fare sul serio”…
Comprai proprio in quegli anni una reflex Canon R2000 con innesto misto vite e baionetta. Durò finché un negoziante non mi mostrò la Nikon F: cambiai subito.
Purtroppo era scarsa la disponibilità di accessori. Così andai a protestare direttamente dall'importatore, un certo Cardone dell'International Commercial Company. E da lì, con la ICC, incominciò il mio percorso professionale.
Qualche anno dopo, nel '65, Cardone uscì dalla ICC portando con sé il marchio Nikon. Nacque così la Cofas che lavorò fin quasi alla metà degli anni '80. Poi Cardone, temendo che Nikon sbarcasse in Italia con la propria filiale cedette alla Konos, un'azienda di Firenze la cui rappresentanza durò sei anni. Ma i giapponesi non videro la possibilità di continuare su quella strada, e d'altra parte molte aziende facevano la corte. La spuntò la Fowa nel 1990 che per dedicarsi in modo esclusivo e mirato alla distribuzione di quel marchio fondò la Nital. La scelta di affidarsi a Fowa fu azzeccatissima e la nascita di Nital assolutamente perfetta anche grazie all'apporto di Aldo Winkler, a cui riconosco un grande intuito.

Il successo di Nikon nel mondo è indiscusso, ma in Italia è addirittura speciale. È solo grazie alle persone, o anche di qualche episodio fortunato?
Il merito è delle persone. Ma sorprendentemente... anche dal contrabbando! Pensi che alcuni negozianti ci chiedevano una reflex, un 50mm, un 135mm e cento coperchietti anteriori! Facemmo buon viso a cattivo gioco, convinti che in fondo questo fenomeno avrebbe aiutato a creare un'immagine forte e un mercato indotto comunque sostanzioso. E così è stato. La Nital, quindi, trovò questo marchio già affermato, ma Aldo Winkler lo ha ulteriormente diffuso. Sa che oggi l'Italia è l'unico Paese, oltre la Spagna, in cui Nikon non ha la propria filiale?!

Qual è stato il rivale più agguerrito?
Canon, sin dall’inizio. Finché il professionista ha coinciso con il reporter, Nikon non ha avuto rivali. Con il diffondersi della fotografia sportiva Canon ha preso il sopravvento.
E con l’autofocus e l’innesto nuovo c’è stato il sorpasso.
Col senno di poi posso anche concordare. Ma tutte le riviste di cui al tempo ero lettore lodarono Nikon e andarono contro Canon, crocifiggendola per aver cambiato innesto.
Io stesso sono convinto che l’innesto avrebbe dovuto essere sacrificato per il professionista. Chi vive di fotografia pensa innanzitutto alle prestazioni, e se c’è da sostituire un corredo di ottiche per stare al passo con i concorrenti lo sostituisce.
Stefano Barbero della Nital, in quel periodo in cui Canon fece un enorme balzo in avanti, si comportò come un guerriero, attraverso il Nikon Professional Service. Mentre Canon sponsorizzava tutto il circo della Formula 1, Nital raggiungeva ogni singolo professionista in modo più personale. Ricordo anche il compianto Stefano Mongiovetto che avvicinò Nikon ai giovani sponsorizzando eventi musicali.

Citi tre professionisti su tutti che utilizzavano Nikon o che la utilizzano tuttora.
Difficile dire... ad esempio tutta la redazione di Epoca, che emulò con successo lo stile di Life, era composta da fotografi di eccezione: De Biasi, Lotti, Galligani, Del Grande, Bonatti… tutti legati a Nikon.
I trionfi sono noti. Un po' meno i fallimenti…
La Nikkorex F, la reflex economica del 1962. Ma fu davvero l’unico errore di percorso. Tutte le altre reflex le utilizzerei con piacere ancora oggi se non apprezzassi la comodità del digitale…

 

Gianluca Barresi General Manager Sales
& Marketing

 

Le strategie di oggi
Tra reflex rivoluzionarie in arrivo, ombre del passato, tecnologie in evoluzione e altre in “estinzione”. Facciamo il punto della situazione con Gianluca Barresi, General Manager Sales & Marketing di Nital.

Dopo la generazione delle prime 8 megapixel, Nikon sembra aver intenzionalmente abbandonato il segmento delle compatte digitali cosiddette prosumer, mentre quasi tutti gli altri grandi marchi hanno mantenuto un piede in quella porta. Si tratta di un calcolo commerciale? È un orientamento definitivo?
Nikon intende presidiare il comparto delle compatte prosumer con le fotocamere della serie P. La Coolpix P5000 è la testimonianza dell’impegno di Nikon in questo segmento, tanto da aver ottenuto innumerevoli riconoscimenti.

Quanta parte della clientela Nikon, almeno in Italia, è ancora legata alla pellicola? Ci sono politiche per la salvaguardia di quel mercato?
Vogliamo continuare ad assicurare il massimo supporto a questi utenti, fornendo assistenza e la più ampia disponibilità di accessori.

Nel settore delle reflex gli affari si fanno con la vendita degli accessori, e Nikon ha un catalogo ricchissimo. Purtroppo molti ne lamentano il difficile reperimento. È cambiato qualcosa, negli ultimissimi tempi, da parte vostra e nelle richieste del pubblico?
Su circa un migliaio di referenze a listino, oltre il 90% è sempre disponibile. Con un catalogo così vasto è normale che alcuni accessori vengano sostituiti o che termini la produzione di articoli legati a prodotti non più commercializzati da anni.

Negli anni Sessanta il film “Blow up” impose la reflex Nikon come oggetto di culto; alla metà dei Novanta, “I ponti di Madison County” e “Il mondo perduto” ribadirono in modo quasi subliminale i meriti della tecnologia Nikon (F5) e le glorie delle origini (F). Quanto conta, oggi, questa politica dell’immagine a livello di marketing internazionale?
Molto, anche se ritengo non si sia trattato di un’abile manovra di product placement ma di un riconoscimento al valore iconografico, alla qualità ed alla supremazia tecnologica del marchio Nikon.

In quali proporzioni le reflex, gli obiettivi e le compatte digitali determinano la buona salute commerciale dell’azienda?
Tutti i prodotti ci hanno consentito di raggiungere un’incidenza superiore al 25% sul totale del mercato fotografico nazionale.

Con il consolidarsi della fotografia digitale abbiamo assistito all’ingresso di nuovi soggetti e alla ridefinizione dei rapporti di forza nell’industria di settore. Il classico duopolio Canon-Nikon ne risulta intaccato?
Secondo GFK, nel periodo giugno 2006/maggio 2007, la quota di fatturato realizzato nel comparto delle reflex digitali da queste due aziende è stato del 90,1%, con Nikon saldamente in testa con il 47,1%. E anche le Coolpix sono le compatte più vendute in Italia...


Giuseppe Maio, D-Reflex Manager
 

L’era digitale
L’ultimo decennio ha visto la più radicale e discussa rivoluzione tecnologica: quella digitale. Nikon ci ha creduto da subito e ha potuto contare, per la diffusione in Italia, su un profondo e appassionato conoscitore della materia: Giuseppe Maio, responsabile di prodotto e del supporto tecnico per le reflex digitali.

Se pensiamo alle prestazioni e alla qualità delle fotocamere digitali di prima generazione viene da sorridere, eppure all’epoca erano presie molto sul serio dalle aziende, con prezzi ...all’altezza.
Ci voleva del pelo sullo stomaco per proporre apparecchi del genere ai professionisti?

Assolutamente no. Per l’esperienza che avevo maturato in altri settori, vedevo nella Nikon D1 una tappa intermedia e un punto di arrivo al tempo stesso. Nella D1, che pure era imbattibile per rapporto prezzo/prestazioni, la stampa vedeva un prodotto incompleto soprattutto nell’ottica dell’amatore, mentre io vedevo un prodotto di qualità.
Caso mai mancava la quantità, ovvero i megapixel. Far conoscere e diffondere la D1 significava proporre un prodotto pioniere, per professionisti che potevano permetterselo. Immorale sarebbe stato proporlo a un fotoamatore.

Perché Nikon non ha percorso la strada del dorso intercambiabile?
Apparecchi ibridi come la Kodak-Nikon DCS 400, basata sulla analogica F90X, dimostravano che la possibilità tecnicamente c’era...

Ma c’erano anche forti limitazioni. Le prestazioni richieste dai fotografi che vogliono un corpo macchina leggero, compatto, veloce e preciso nell’AF, nel bilanciamento del bianco e nella lettura esposimetrica, si ottengono solo progettando dalla base una fotocamera reflex digitale integrata.

Quali erano i principali problemi delle prime reflex digitali? Quali di questi sono ancora presenti?
I primi problemi, relativi alla memoria e alla durata degli accumulatori, sono stati risolti. Il rumore per alcuni è ancora oggi un problema, ma è molto relativo: lo sviluppo dell’elettronica lo ha portato ai minimi termini anche alle alte sensibilità e comunque per chi non fa reportage il disturbo non ha mai rappresentato un ostacolo.

Nikon ha puntato, più di altre aziende, allo sviluppo di un software proprietario dalle alte prestazioni per la conversione dei file Raw, tanto da “osarne” la vendita. Perché?
Nikon ha sempre creduto nelle potenzialità del Raw. Trovo lodevole che la Casa abbia sviluppato un software che consenta la personalizzazione del Raw, perché è uno dei
settori in cui il fotografo vede inalterate le sue potenzialità tecniche. Pensi anche che un file Raw della D1 sviluppato oggi con il Capture NX è di gran lunga migliore di quello che si poteva ottenere dai software di allora. Capture NX, comunque, è un’estensione ma non è d’obbligo, perché esistono anche software gratis come il Nikon View NX che accompagnerà le nuove reflex.

Nikon dimostra di credere nello sviluppo del software esterno, eppure ora sta seguendo la tendenza ad arricchire le reflex di funzioni per l’elaborazione interna delle immagini, quasi a voler escludere l’intervento del computer. Si proseguirà su questa strada?
Sono strade parallele. L’evoluzione del software delle macchine va di pari passo con l’hardware. Le reflex dei prossimi anni, quindi, avranno sempre maggiori potenzialità
per escludere il computer nelle operazioni di base. DLighting ed eliminazione degli occhi rossi sono solo due esempi.

Se escludiamo la D2Hs, nessuna delle reflex digitali Nikon ha un sensore prodotto in casa, a differenza di Canon. Quali sono i pro e i contro di queste filosofie?
Parlerei più di logiche di mercato. Sono scelte che vanno ponderate alla luce delle aspettative di vendita. Non posso dire di più al momento, ma le prossime reflex Nikon avranno sensori “fatti in casa”…

Restando in tema, anche per Nikon sembra giunta l’ora del sensore di formato pieno. Perché solo adesso? Forse il formato DX ha ormai esaurito le sue potenzialità? A noi piaceva e piace: verranno mantenuti due sistemi separati o siamo alle soglie dell’abbandono di un sistema?
Prima d’ora il rapporto costi/prestazioni non sarebbe stato accettabile e la qualità non sarebbe stata soddisfacente, stando agli standard Nikon.
Il senso della novità che sembra essere in arrivo sta in questo: oggi Nikon offre il formato pieno nel digitale così come nell’era della pellicola si offriva il medio formato in alternativa al piccolo. Le novità porteranno un notevolissimo balzo in avanti da tanti punti di vista, qualità in primis, ma le dimensioni del sensore non determineranno il confine tra reflex professionale e amatoriale. Sarà l’impiego da parte del fotografo a definire la scelta più opportuna. E poi il sistema di ottiche DX non andrà in pensione: gli obiettivi a cerchio di copertura ridotto saranno compatibili con i nuovi prodotti.

Missione: professionista
Uno dei segreti del successo di Nikon in Italia è, a detta di molti, l’assistenza al fotografo professionista. L’angelo custode di chi lavora con la fotocamera è Stefano Barbero, Responsabile del Nikon Professional Service (NPS). Gli abbiamo rivolto alcune domande, iniziando da una particolarmente scottante…
 



Stefano Barbero,
Nikon Professional Service Manager

 

Nikon e Canon sono “rivali” da sempre, soprattutto per aver diviso schiere di professionisti. Oggi in quali settori della fotografia professionale prevale l’una, e in quali l’altra?
Nello sport Canon è più presente, ma non è una realtà generalizzata. Pensi alla grande diffusione di Nikon nel Motomondiale. Nella fotografia sportiva molto è dipeso
dal cambio di innesto nel periodo di transizione verso l’autofocus.

Quindi Nikon ha perso una consistente fetta di mercato tra i professionisti con l’avvento dell’autofocus, circa vent’anni fa, per la volontà di mantenere in vita l’innesto F e la compatibilità con le ottiche a fuoco manuale.
D’altra parte, per successivi aggiornamenti, si è arrivati a trasferire negli obiettivi il motore di messa a fuoco, ad eliminare l’anello dei diaframmi e a introdurre sistemi di stabilizzazione ottica: in pratica si è finito per adottare la stessa ricetta che alla fine degli anni Ottanta consentì a Canon di sopravanzare Nikon. Perché non da subito?

Perché in quegli anni si preferì salvaguardare i fotografi non costringendoli a rinnovare il parco ottiche. Penso anche che il ritardo nell’applicazione di soluzioni che oggi trovi in particolare negli obiettivi Nikon sia dovuto alla presenza di alcuni brevetti della concorrenza.

Attraverso quali strategie si è tentato il recupero sul rivale?
Intanto Nital è stata supportata da prodotti sempre migliori.
E poi c’è stata la svolta nell’assistenza al professionista.
Subito dopo la nascita della Nital è stato costituito il Nikon Professional Service. Con NPS abbiamo creato un ottimo servizio postvendita, con garanzia di riparazione entro 48 ore dalla ricezione e di fornitura di materiale sostitutivo in caso di prodotti troppo danneggiati.

Come si svolge l’assistenza al professionista sul campo?
È un’assistenza attiva: cerco di ottenere l’accredito per vedere direttamente i problemi che il fotografo incontra sul campo. Il mio entusiasmo non cala perché in fondo sono un fotografo: molte mie foto, come quella della Ferrari “congelata” con due ruote alzate, fatta con la D1x e il 500mm f/4, sono state usate in diverse occasioni.
L’esperienza mi aiuta ad aiutare gli altri e l’assistenza così fatta mi consente anche di capire i limiti delle attrezzature.

Quali sono i problemi che il professionista incontra più di frequente?
La pulizia del sensore in primis. Per gli obiettivi, il danno peggiore è lo schiacciamento, spesso dovuto a un trattamento poco accurato da parte del fotografo. D’altro canto nel tempo è migliorata la resistenza all’umidità, oggi le Nikon reggono meglio i temporali…

Cosa è cambiato nell’assistenza con il passaggio dall’analogico al digitale?
Passione e amore sono gli stessi. È cambiato il modo di lavorare del tecnico: oggi si collega la macchina al tester e si sa quale pezzo si deve cambiare.

Il numero di professionisti è cambiato negli anni?
Sono aumentati perché tecnicamente è più facile ottenere una foto corretta. D’altra parte l’avvento dell’autofocus ha omologato un po’ lo stile. E comunque il ricorso agli automatismi non è generalizzato neanche nel campo della fotografia sportiva: ho visto un fotografo giapponese usare esposimetro separato e termocolorimetro all’inizio di ogni sessione di riprese…